venerdì 29 luglio 2016

Terrorismi

A Est come a Ovest
un'unica solitudine.
Vento d'autunno.
(Bashō 1644-1694)


In questi giorni tre voci nel vento estivo che sa di autunno dell'umanità. 
Quella dello scrittore Tahar Ben Jelloun che supplica i capi religiosi di prendere le distanze pubblicamente dall'uso strumentale che Daesh fa dell'Islam (clicca QUI).
Quella del Papa ai credenti, ai ragazzi, agli imam: "Tutte le religioni vogliono la pace, capito?"
Quella di Alfano. Di cui mi sfugge il senso.


(un po' di umanità)


giovedì 28 luglio 2016

Verde Roma

Guardo il magazzino.
Tra i susini di cui cerco il profumo
l'orlo della grondaia
(Bashō 1644-1694)


Mai come d'estate il verde di Roma mi brilla intorno, refrigerio a sorpresa nelle giornate plumbee di afa. 
Ma Roma è verde. Non è solo travertino, marmo o, peggio, cemento. Ci sono le ville nobiliari dalle fronde blasonate (Borghese, Pamphili, Torlonia...) e il verde proletario, quello nato a casaccio e che resiste a tutto, unico provvidenziale frutto dell'incuria comunale atavica. Verde proletario, pubblico, pop.
È il verde che non ti aspetti. 
Una buganvillea che penzola spettinata in un angolo di nessuno, un ramo, vigoroso, rinato nonostante la capitozzatura, quelle nuvole di fiorellini azzurri, impalpabili e senza profumo, in un parchetto giochi troppo caldo per essere frequentato, le sfere rosa degli oleandri risultato di un'ars topiaria totalmente anarchica ma elegantissima. 
Le acacie che fremono, i pruni e gli alberi di Giuda un po' appassiti. Rincosperma e gerani da terrazzino, papiri senza il Nilo, fichi che si arrampicano su muri coi graffiti, ciuffaglia anonima sull'orlo della grondaia asciutta. 
E poi i papaveri, i più amati, led rossi di un'estate cittadina, che mi avvisano che la bellezza è ovunque. 


(orto botanico condominiale)
  

mercoledì 27 luglio 2016

Giardino

Quello che leggerete è un post che avevo pubblicato a marzo. Pia Pera, autrice di un libro che mi è caro, è mancata ieri. Riposto. 
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Giorno di primavera
si perde lo sguardo 
in un giardino largo tre piedi
(Shiki 1869-1902)


Leggere "Al giardino ancora non l'ho detto" serve, è utile. Rigenera, smuove e tocca, come succede quando si affondano le mani dentro la terra. 

Pia Pera annota il suo declino fisico in un modo alto e schietto come solo chi guarda "laggiù" può permettersi di fare, e riesce a darci conto del grande mistero e di minuscole umane meschinità con la medesima acutezza. 
Guarda a sé come un giardiniere guarda a un ramo malato, con la stessa perizia, con la stessa acribia con cui analizza una foglia che sta appassendo senza un motivo plausibile. E' come se girasse e rigirasse se stessa fra le sue stesse mani, si osservasse sempre più da vicino. Il mondo delle letture che le va incontro sembra salvifico e insieme portatore di sgomento ulteriore.   

Sfrondare e potare permettono una nuova strana libertà.

Qualche amico che capita da quelle parti, alcune presenze mute e domestiche, luoghi visti o solo immaginati. Macchia, il cane fedele che gioca con lo stecchetto tra le piante nominate una per una, chiamate con il loro nome botanico, e che io mi affanno a cercare in rete, tentando di rimettere al suo posto almeno una cosa. 
E mi domando perché questo genere di giardinieri, questi coltissimi giardinieri per sbaglio come Vita Sackville West o quelli "senza giardino" come Ippolito Pizzetti, mi siano sempre sembrati esseri superiori. Sanno dare il nome alle piante, può essere questo? Può essere solo questo? 

E' una storia piccola, dentro un orto sempre più complicato da attraversare e che appassisce insieme a chi ne ha avuto cura ma è anche un racconto sereno che sa di incontri, di libri letti, di grandi viaggi e di lingue studiate, amate e tradotte.
Trovare le parole per l'indicibile o poterle dare a una pianta, mi sembra la stessa cosa.


Aggiungo che su "Al giardino ancora non l'ho detto" (ed. Ponte alle Grazie) nulla è stato scritto di più caro delle parole dello slavista Francesco Cataluccio che vi riporto in questo link QUI.

martedì 26 luglio 2016

Scatolismo

Cibo mangiato completamente -
erbacce  
in piena fioritura
(Santoka 1882-1940)


"Prego, signora. E buon appetito!"
"Grazie"
Dopo una giornata intera in giro e senza avere messo sotto i denti nulla di sostanzioso, in classica modalità Poldo Sbaffini, - non avevo la bombetta in testa ma con gli occhi socchiusi e naso vibrante appresso al profumino sì, ero proprio Poldo - scuoto il tovagliolo per adagiarmelo, finalmente, sulle ginocchia.
L'oste, un tipo alternativo dalla faccia furba, mi sciorina il menù che, a sua detta, è "tacitamente vegano". Se avesse scritto nero su bianco quella parola, ve-ga-no, "addio clienti!", aggiunge scuotendo la coda grigia, canuto vessillo di qualcosa volato nel vento come la canzone.
Nudismi, crudismi, naturismi... penso mentre con i rebbi della forchetta taglio in due la lasagnetta alle ortiche. Il burger di quinoa era ancora lì da venire appositamente contornato - ormai poldo e il suo fumetto era scomparso del tutto - da un colloso tortino di patate e lenticchie.
Deglutisco e penso agli ismi dell'occidente, risposta agli ismi terroristici. Prego l'unico bio in cui crede gran parte di una popolazione sobria e pacificata (ho detto pacificata e non pacifica), in nome del quale spesso siamo capaci di tutto. Mi sfilano di nuovo davanti agli occhi post con video sanguinolenti, le tabelle in versione GIF che si animano allegre con le percentuali del tasso di mortalità procurato dalla scaloppina, conto le calorie che, con micro canini acuminati, azzannano le mie cosce dopo il test sui carboidrati. 
Eccovi la civiltà del salutismo ipocondriaco, quello delle bacche di goji, delle sette mandorle al giorno, dei due litri d'acqua, dei semini, dell'aloe e dei vaccini che fanno male ai bambini!  
Pensavo. 
Quando, nel piatto, appare lei, secca polpetta al cacao e pere, farinosa al tatto e al gusto, presentatami con un festoso "ecco il dessert" - è sempre l'oste caudato - insieme al conto. 
Io so cos'è un dolce al cioccolato e pere. Lo so, e bene. E' morbido, meraviglioso, caspita, lo so cosa significa, oste caudato!
Ma non ho detto nulla. 
La notte ho fatto un sogno bellissimo. C'erano fragole rossissime e gigantesche e che venivano dalla Cina, mais al neon, fagioli made in Hungaria e braciole low cost, e mi sono svegliata guru dello "scatolismo". Sì. E' stato quel coso chiamato dolce (NON chiamateli dolci se non ci sono uova e latte, per piacere!) a rendermi, in un attimo, leader, fondatrice e unica seguace, di un movimento alternativo agli alternativi.
"Invoco, io dello scatolismo, la possibilità di poter mangiare qualcosa al volo aprendo, per esempio, una scatoletta di tonno, versarmi i fagioli borlotti direttamente nella scodella ed essere felice. Aprirne un'altra per farmi un sugo, magari un ragù, senza essere guardata storto. Impilare su quella dei ceci un paio di mais. Vicino, disporre, in santa pace, il barattolino di acciughe, il tubetto di maionese per il pollo arrosto da comprare all'angolo così non si raffredda. Farmi un Mac con le patatine fritte senza sentirmi nelle orecchie la solfa politico-ambientale-calorico-sociologico-nutrizionista.
Ho anche una tessera punti, quella per i bollini da attaccarci su,  e spero di vincere presto la sedia a sdraio. Quella lì, vicino alla casa numero otto. Se aggiungo tre euro mi porto via anche la borsa frigo. E sono felice."

PS
A proposito di stipendi RAI il mio è di 2100 euro al mese. Responsabilità e molti, molti anni di scatolismo alle spalle, dal 1992, e molti che mi aspettano!


(scatolismo per cena)


    

lunedì 25 luglio 2016

Giulio Regeni

Scrivo sulla sabbia
"Figlio senza pari".
Mio figlio scrive solo, più grande, "mare"
(Ogiwara Seisensui 1884-1976) 


Il 25 gennaio 2016, sei mesi fa, spariva Giulio Regeni. Sei mesi fa veniva torturato e ucciso.
Proprio ieri pomeriggio, di fronte uno dei più bei parchi verdi di Roma, Villa Ada, leggevo il suo nome sul foglio A4 sovrapposto alla targa che indica il nome della piazza antistante, ribattezzata ad uso esclusivo di coloro che notano l'avviso, "piazza Giulio Regeni". 
Ringrazio quell'anonimo militante di una società civile che, in nome della verità, ha avuto la cura di scrivere, stampare e attaccare con lo scotch quel foglio. Monito sobrio e insistente per chi passa da lì, a ricordare: Giulio Regeni.
Il pensiero torna così a lui, al suo viso, ai suoi genitori. Li ricordo presenti in video durante una recente festa di Radio3, la civile compostezza, le parole ferme. I loro sguardi che cercano in nostri, la commozione che ci ammutoliva. 
Il pensiero torna al reato di tortura, all'iter complicato per una legge così urgente, Bolzaneto. A forze dell'ordine fasciste che si considerano al di sopra delle leggi.
"Figlio senza pari".


(Rito civile)