venerdì 14 giugno 2019

Zanzotto e il clima


Nei luoghi chiusi dei monti
mi hanno raggiunto
mi hanno chiamato
toccandomi ai piedi.

Sulle orme incerte delle fontane
ho seguito da vicino
e senza distrarmi
le tenebre tenere del polo
ho veduto da vicino
le spoglie luminose
gli ornamenti perfettissimi
dei paesi dell'Austria.

Hanno fatto l'aria tutta fresca
di ciliegi e di meli nudi
hanno lasciato soltanto
che un piccolo albero crescesse
sua soglia della sua tristezza
hanno lasciato fuggire in un riverbero
un tiepido coniglio di pelo.

Per le estreme vie della terra caduta
assistito da giorni tardi e scarsi
discendo nel sole di brividi
che spira da tramontana.
("Dietro il paesaggio" di Andrea Zanzotto)


Presentandosi davanti ai principali consessi internazionali, Greta Thunberg ha fatto del suo sdegno un gesto poetico. Indicandoci con la sua grazia caparbia il nostro pianeta malato di riscaldamento, è riuscita a trasportarci in quei luoghi che riescono a vedere solo i grandi poeti, in un paesaggio di ombre incerte delle fontane, di tenebre tenere del polo e tra le spoglie luminose. Ogni volta che leggo Zanzotto lo immagino affacciato alla finestra del mondo, il suo studio, la scrivania con le carte e le librerie, alle spalle. Lo sguardo avanti, assorto, per chi verrà.

giovedì 13 giugno 2019

Sono momenti belli


Sono momenti belli: c'è silenzio
e il ritmo d'un polmone, se guardi dai cristalli
quella gente che marcia al suo lavoro
diritta interessata necessaria
che ha tanto fiato caldo nella bocca
quando dice buongiorno

è questa che decide 
e son dei loro
non c'è altro da dire.

E questo cielo contemporaneo
in alto, tira su la schiena, in alto ma non tanto
questo cielo colore di lamiera
sulla piazza a Sesto a Cinisello alla Bovisa
sopra tutti i tranvieri ai capolinea
non prolunga all'infinito
i fianchi le guglie i grattacieli i capannoni Pirelli
coperti di lamiera?

È nostro questo cielo d'acciaio che non finge
Eden e non concede smarrimenti,
è nostro ed è morale il cielo
che non promette scampo dalla terra,
proprio perché sulla terra non c'è
scampo da noi nella vita.
(Da "La ragazza Carla" di Elio Pagliarani)



Anche quando non sembra, sono momenti belli. Anche quando va un po' così, sono momenti belli. Da soli è impossibile individuarli, meno male che gente come Pagliarani è esistita, ha scritto e continua a indicarceli.




(Di là)

lunedì 10 giugno 2019

Con passi giapponesi


Quello che è mio potrebbe essere vostro?
No, se fosse vostro non sarebbe mio.
Ma il mio cos'è? Dov'è?
Non sono certo io, non lo ritrovo in me.
Di me mi sento infatti mandataria,
ma in nessun modo, mai, la proprietaria.
(Patrizia Cavalli) 

"Ma díglielo, no? Dille quanto ti piace!"
Ci ho provato. Anzi l'ho anche fatto, negli anni, nelle occasioni dei festival, ma non mi importa. A casa sua, quando l'ho incontrata la prima volta, una quindicina di anni fa, no, lì non dissi nulla preferendo un sorriso vuoto e gentile, non avevo ancora centrato il suo sguardo poetico, e mi aggiravo in una casa piena di anfratti, di camere, di copriletti colorati e libri. Col registratore e il microfono, la seguivo nei meandri allegri di quella casa romana che se lo dici, abito a Campo de' Fiori, sembra impossibile; la seguivo tipo Fido mentre mi mostrava alcune letture che la impegnavano in quel momento e, mentre parlava allegramente, col suo sorriso, e gli occhi rapinosi, io sorridevo e registravo le sue poesie. Da quel pomeriggio, infisso nella mia testa come una pietra dentro il castone, della sua scrittura, di quel suo disincanto e lo sprazzo di dolcezza improvviso che balena nel verso, non ne ho fatto più a meno. L'ho sempre più capito, aspettandolo. Aspettando quella chiusura ribatatrice di ogni sua poesia, quel kireji della Cavalli e non di uno haiku, fatto di un lampo di gioia, di ironia, di depressione, di amore solo suo. È diventata la compagna di passeggiate romane, quando in motorino attraverso un ponte, se vago nella città barocca dai palazzi color pastello, celestini, arancio e burro penso a quei copriletti. Se scopro un capitello in un angolo, con una vecchia mendicante seduta sopra o incerottato dalle strisce di plastica dei lavori in corso, mi sembra che geolocalizzi un suo verso. E provo a fare mio quel senso di malinconica immanenza e di vita da mangiare. "Con passi giapponesi" è la raccolta di racconti appena uscita, dove, sia ben chiaro, il Giappone non c'entra nulla. Non so cosa dire su questo libro che mi ha colpito tanto (allora cosa scrivi? Scrivo questo: "non so cosa dire"); che è come se qualcuno da lì dentro mi parlasse, anzi mi guardasse, anzi, ci guardiamo riconoscendoci. 

Quello che è mio potrebbe essere vostro?
No, se fosse vostro non sarebbe mio.
Ma il mio cos'è? Dov'è?

E una volta finito mi è gravata addosso quella sensazione di sbigottimento, misto a una ansia lieve, succede quando un autore sembra parlare a te, proprio a te, quando capisci che quello che è suo potrebbe essere tuo. E forse lo è anche un pochino. 




venerdì 7 giugno 2019

Vecchio cameriere


Vivo qui dentro
senza essere altro
covo pensieri non miei
per sapere chi sei
(Ne "La fine di quest'arte" di Silvia Bre)

C'è un senso tragico nella figura del vecchio cameriere. La giacca bianca, il cravattino, i pantaloni neri, stazzonati, mai della taglia giusta e sempre troppo pesanti. 
Lo guardo aggirarsi tra i tavoli, notes e tovagliolo, la testa leggermente reclinata - mal di schiena, sonnolenza di chi si è alzato presto e ritirato tardi per una vita intera. Gli occhi vuoti mentre il cliente sceglie qualcosa dal menù, e la fronte imperlata che denuncia il fremito di chi sta per sparire.



(Vivo qui dentro)





mercoledì 5 giugno 2019

Eutanasia


Eccomi
dove il blu del mare
è infinito
(Santōka 1882-1940)

È tornata sui giornali la questione, insieme ai dubbi, comprensibili e degni di rispetto. Una ragazza  giovane, bella, e dopo più nulla rende tutto ancora più difficile da capire. Eppure.
La possibilità di scegliere. 
Rileggo l'haiku di Santōka, quell'eccomi così libero, meditato. Scelto.


(Uscita di emergenza)