mercoledì 29 maggio 2019

Brutti, sporchi e cattivi



Desiderando solo camminare,
cammino con la mia sacca piena –
Luna della sera
(Santōka 1882-1940) 


Questa mattina ho avuto la rappresentazione plastica di quello che siamo diventati. Ero in fila dal tabaccaio, aspettavo che arrivasse il mio turno per pagare una bolletta.
Nel negozio, lugubre, buio né più né meno del solito, la padrona dietro la cassa con aria scocciata si dava da fare quel minimo a cui ormai siamo abituati. Sorrisi? No. Da quel grugno fisso dietro il banco direi mai fatti. La padrona, dicevo, serviva la prima della fila, una donna (ragazza, vecchia, bambina?) che, lo ammetto, scannerizzerei partendo dalle unghie coriacee, quei carapaci istoriati che stanno frugando nel portadocumenti D&G, ha l'incarnato sottile, giallastro, poggiato su gote prefabbricate fatte risalire fino al punto omologato, quello da selfie, hashtag aperitivo. Alle 19 la bocca tumida si protruderà gommosa verso il vetro del bicchiere e l'occhio a mezz'asta, fisso ai follower, prometterà ogni concepibile sì. Postmoderna, quindi più virtuale che reale, gira tacchi alti e fianchi stretti e si avvia verso l'uscita. Dopo di lei tocca al tizio della ricarica per le sigarette elettroniche, vanigliato e assorto dentro una nuvola, prefabbricata anch'essa, quelle belle sigarette, quella bella puzza di fumo stantìo quanto mi manca! E così anche il tizio vanigliato viene servito e se ne va, compreso di kit. Una slot cigola, visto che il suono le è stato silenziato, le sue luci intermittenti nell'angolo più buio, macina euro mentre la leva scende per risalire. Un nigeriano muscoloso è il suo manovratore, sbarcato e arruolato, qualcuno gli fa vendere portafogli tarocchi D&G che un giorno una tumidona, uguale a quella appena sparita nella nuvola di vaniglia di quell'altro, gli acquisterà dopo una trattativa identica a sempre. Ma per ora il nigeriano non ha ancora venduto una mazza, quindi meglio giocarci su, una volta e ancora un'altra e magari caderci nella dipendenza della ludopatia, non ne parlano anche i giornali quando decidono fare servizi sul sociale, sulle dipendenze? Sei uguale ai vecchi dall'aria livida che verranno dopo di te, fratello, giocatori pensionati incattiviti e strenui sostenitori di governi razzisti che ti vogliono ricacciare da dove sei venuto e tu che ingrassi il meccanismo con i tuoi pochi euro, cazzo, non li vedi e non lo sai.        
L'ultimo della fila, io ho pagato, sono quella che infila in borsa la ricevuta, è quello con la visiera calata sul ciuffo bianco. Guarda il giocatore, e dai denti gialli gli esce chiaro chiaro, affinché io senta e magari ci rida su, con lui, insieme, complici, come quelli che stanno dalla stessa parte quella giusta: "Hitler. Ce vorrebbe Hitler."
Ho aperto il bauletto del motorino, ho tirato fuori il casco e me lo sono messo in testa, senza sapere bene cosa fare e dove andare. 


(scusate tutti)


lunedì 27 maggio 2019

La sveglia del mattino



Piove. È mercoledì. Sono a Cesena,
ospite della mia sorella sposa,
sposa da sei, da sette mesi appena.

Batte la pioggia il grigio borgo, lava
la faccia della casa senza posa,
schiuma a piè delle gronde come bava.
(da "A Cesena" di Marino Moretti) 


Sarà che è un periodo che leggo Moretti per prepararne il racconto radiofonico, sarà il risultato delle elezioni, ma mi sono svegliata crepuscolare.E faccio mio il pensiero del critico e filologo Pier Vincenzo Mengaldo che definisce questa poetica letteraria come "una piccola e sacra rappresentazione dell'anima". 
E solo così che posso spiegarmi quanto accadutomi dopo i risultati di ieri. Ci si sveglia Marino Moretti, ci si alza, si guarda fuori la finestra e si ha solo voglia di rificcarsi sotto le coperte.

(grigio borgo)






venerdì 24 maggio 2019

Funerale a Monterotondo


Pensi davvero che basti non avere colpe per non essere puniti,
ma tu hai colpe.
L’aria è piena di grida. Sono attaccate ai muri,
basta sfregare leggermente.
Dai mattoni salgono respiri, brandelli di parole.
Ferri di cavalli morti circondano immagini di battaglie
Le trattengono prima che vadano in un futuro senza cornici.
Cosa ci rende tanto crudeli gli uni con gli altri?
Cosa rende alcuni più crudeli di altri?
Le crudeltà subite e poi inghiottite fino a formare una guaina
con aculei sul corpo ferito?
O semplicemente siamo predestinati al male,
e la vita è solo fatta di tregue dove sostiamo
per non odiare e non colpire?
(L'aria è piena di grida di Antonella Anedda)


Gli applausi all'uscita del funerale. L’aria è piena di grida. Sono attaccate ai muri,
Vite rotte: il padre, la madre e la figlia, il degrado dell'alcol e della droga, le botte e la paura.
A questa storia buia, nella luce del sagrato, mancava solo l'applauso del pubblico che, immancabile, è arrivato (video).
Mi commuove che la figlia - mito greco precipitato quaggiù - abbia un giorno deciso di fare il pugile come suo padre. La leggo come una dichiarazione d'amore.


(vite)






lunedì 20 maggio 2019

Nanni Balestrini



Avremmo potuto farne a meno
gli alberi fanno troppo rumore,
ma cosa ci stanno a fare
i cavalli, ciascuno per suo conto
avremmo finito per perderci,
fare ritorno, fare
tutto quello che vuoi, certe
volte gli alberi riescono
a crescere in direzione del cielo
aspirando l’esplosione dell’istante
inatteso, aspettando che finisca
di piovere, ispirati dall’istinto
correndo da una parte all’altra
ispidi, istigati dall’isteria,
il cuore pieno di bottoni,
le dita immerse, anguiformi,
com’erano belle dalla barca,
soffiamoci sopra, fine.
(Da "Corpi in moto, corpi in equilibrio" di Nanni Balestrini, morto oggi.)


Quando muore un poeta, comunque, quando muore e se ne va via, si spegne una luce e ci si vede un po' meno, si procede a tentoni e si può anche inciampare. 


(poesia)



sabato 18 maggio 2019

Brindisi

Tricky snow in May
pricking skins hairs roses
and frozen noses
---
Neve truffaldina di maggio
punge pelle capelli rose
e nasi congelati
("Haiku. For a season/ per una stagione)


E poi arriva la neve truffaldina di un maggio freddo, così simile a quello fuori le nostre finestre. 

Sono stati appena pubblicati gli haiku di Andrea Zanzotto che il poeta compose prima in inglese e che, in una seconda fase, ha autotradotto in italiano in un sofisticato processo creativo. Ogni parola è stata scelta, asciugata e, come avviene per un frutto, spremuta fino a ottenere un succo. Sta al lettore bere questo concentrato di letteratura dove c'è l'incanto della forma e il magnetismo di un accadimento minuscolo e cosmico insieme. E dove le note dell'autore alla fine del volume sono il suo kireji, nello haiku giapponese quel verso, spesso posizionato alla fine, che mette in rilievo tutti gli altri. Evviva!


(cin cin)