martedì 8 gennaio 2019

Finalmente



Vivere è stare svegli
e concedersi agli altri,
dare di sé sempre il meglio,
e non essere scaltri.

Vivere è amare la vita
con i suoi funerali e i suoi balli,
trovare favole e miti
nelle vicende più squallide.

Vivere è attendere il sole
nei giorni di nera tempesta,
schivare le gonfie parole,
vestite con frange di festa.

Vivere è scegliere le umili
melodie senza strepiti e spari,
scendere verso l’autunno
e non stancarsi d’amare.


Una poesia non tra le più belle del mondo, che sia meglio lo slavista del poeta? Versi un po' compilativi, più un elenco, una lista che suggerisce un metodo che sarebbe bello poter seguire: riuscire a cogliere l'attimo. Vivere è amare la vita, dice il vero, certo, Vivere è attendere il sole nei giorni di nera tempesta, tutto giusto, non stancarsi d’amare, pure quello, versi che non sento di annoverare tra le scoperte letterarie più sconvolgenti della mia vita. Allora perchè? Posso finalmente pubblicare questa foto.






lunedì 7 gennaio 2019

Vecchi amici


Io cammino fumando
e dopo ogni boccata
attraverso il mio fumo
e sto dove non stavo
dove prima soffiavo


È successo di nuovo, ho incontrato il figlio di un vecchio amico. Era identico a lui alla sua età, identico. Stessa fronte, stessi capelli, la voce addirittura sembrava quella e l'andatura, dinoccolata e quasi sicura, anche l'andatura era la stessa del mio amico. Li guardavo insieme, l'adulto e il ragazzo, no, meglio, li scannerizzavo. E dentro quel tipico sorriso che si riserva agli amici dei genitori, nella fretta gentile, non trovavo altro che la conferma di quello che dice il poeta.


(25)

domenica 6 gennaio 2019

Epifania


è da anni che provo a stornare,
senza riuscirvi,
la rima tra male e Natale.
E' anche blasfema, lo so,
però è impietosa e forte
e per questo uguale alla storia
quando si finge sorda
all'altrui (e comune) gloria.
(da "Cairn" di Enrico Testa)

Pregare i gesubambini senza re magi, quelli che non omaggia nessuno, che non resuscitano - non ci riescono mica - e che pure replicano la loro inutile nascita, il loro inutile sacrificio ogni giorno. I presepi a cui penso non hanno bisogno di muschio e sughero, basta un posto di blocco, la stiva di uno scafo, una spiaggia qualsiasi, il lato della strada, un cavalcavia, la rima tra male e Natale.


(stella cometa)
    

giovedì 3 gennaio 2019

Disobbedienza civile


Io penso a te se la brace del sole
mi sfavilla dal mare;
penso a te se in sorgive riverbera
il chiarore lunare.

Vedo te se lontano sulla strada
la polvere si leva;
e a notte fonda, se sul ponticello
il viandante trema.

Odo te se laggiù con rumorìo
sordo sale il frangente.
Spesso nel quieto bosco vado e spio,
quando tutto è silenzioso.

Io son con te; benché tu sia così
lontana, sei con me.
Cade il sole, or mi brillano le stelle.

Ah, se tu fossi qui!
(In "Tutte le poesie" di Giorgio Orelli)


Open Arms, a braccia aperte. E se si aprono le braccia in avanti, come per un abbraccio, la forma di un porto. Porto, dal latino portus, stessa radice di porta "passaggio, ingresso". 

Io penso a te se la brace del sole
mi sfavilla dal mare

Eccoci qui, uno di fronte all'altro, passa pure attraverso il mio abbraccio.


(abbraccio)



mercoledì 2 gennaio 2019

Mattarella social e la felicizia


puoi cominciare anche
senza un inizio
o, al modo degli indiani,
camminare cancellando
ad ogni passo il principio;
e finire senza chiudere,
interrompendo disarmato, la parola,
quasi non fossi più tu a dirla.
(in "Pasqua di neve" di Enrico Testa)

Tra social e picco d'ascolti televisivo è stato un vero trionfo e, da che lo volevano scaricare, Mattarella è diventato il più scaricato. 
Non lo sapevo ancora quando, spenta la tv, mi asciugavo una lacrimuccia, ne avrei riso con gli amici che sarebbero arrivati per festeggiare Capodanno, "a questo, sono arrivata, a questo mi hanno ridotto, a commuovermi davanti al discorso del Presidente". Mi sarei schermita, i piatti più belli, la tovaglia rossa e il forno acceso, forse perché usava parole semplici e alte, augurali, chissà, forse la causa è l'isterismo per le feste, dicevo, ridendo di me. Di felicizia parlava il presidente malinconico, di felicizia, e dalle sue parole condivisione e accoglienza apparivano come a portata di mano, concetti tangibili, come un abbraccio fra esseri umani. E pensavo alla mia fortuna di non conoscere la stretta con cui la solitudine stritola tanti, che fortuna che ho io, le candele sulla tavola accese, che fortuna. E i doni arrivati al Quirinale, in bella mostra alle spalle del Presidente, il dipinto giallo e nero, incorniciato, i cui colori violenti ancora urlavano il disagio e la forza di un ragazzo autistico nell'affrontare tutti noi che eravamo a casa, davanti alla tv o al computer o quasi a tavola, in attesa che il citofono suonasse e che il primo invitato salisse, dove poggio il cappotto, in studio va bene, e la bottiglia, grazie, qui, in frigo.


(2019)