venerdì 30 marzo 2018

Buche



II
Quanto mai verde dorme
sotto questo verde
e quanto nihil sotto
 questo ricchissimo nihil?
Ti sottrai, ahi, ai nomi
pur avendo forse un nome
 e pur sapendone qualcosa?
Ma chissà quanta pioggia
dorme sotto questa debolissima
 sovraconfidente pioggia
chissà quanto lustro
 del grigiore, quanto
invito a scivolìo del verde
 fanno altro caso altro genere
 consumano le ultime
 lanugini degli occhi e
 degli orecchini e
«Stenti ma inorecchiti...»
«Qui approvai la più rapita carta»
«Prova su prova
-verde
rischi fittissimi pioggia»
«Qui dove pensai di pensare
e di afferrare e sbilanciare
 come Da un’altezza nuova»
(Non si sa quanto verde... , da Meteo di Andrea Zanzotto)


E sotto queste buche, dentro, nell'asfalto romano, cosa c'è? 
Me lo chiedo ogni volta, sia quando le schivo sia quando non riesco a evitarle finendoci dentro, ora una ruota ora un cerchione. Tu-tump e riemergo, l'adrenalina addosso e nessuna risposta. 
«Qui dove pensai di pensare
e di afferrare e sbilanciare
come Da un’altezza nuova»
Speleologa mio malgrado, olimpionica sopravvissuta, cavallerizza senza coraggio. 
Sto sognando un manto stradale liscio, privo di rattoppi o frantumi, senza screpolature e senza ulcerazioni mentre ne intravedo un'altra. Questa volta è di quelle lunghe lunghe, bordo strada. Mimetiche, quanto invito a scivolìo del verde. Con la pioggia le più infide.



(mazzetta)

giovedì 29 marzo 2018

Vecchia coppia


Escono senza pensarci
e raccolgono felci.
Vecchi coniugi
(Kawabata Bōsha 1897-1941)



Quando vi vedo per strada vorrei abbracciarvi. Corrervi incontro, farvi i complimenti, darvi un premio, una medaglia. Bravi! Ce l'avete fatta! Avete superato tutto e tutti, dimenticato tradimenti e i piccoli soprusi quotidiani di antiche suocere petulanti e giovani nipoti saputi. Avete avvicinato i lembi delle vostre diverse inclinazioni che vi portavano uno di qua, una di là. Bravi, amici che non conosco e che invidio. Invidio la vostra felicità semplice, i vostri passi più brevi per aspettare l'altro, la vostra piccola pausa in mezzo alla passeggiata insieme, vorrei fare due passi con voi, posso portare io il sacchetto del supermercato. Ascolterei il vostro silenzio e le vostre parole, i nomi di figli e nipoti che non ho mai visto e che invidio perché vi sanno insieme. Bravi, amici miei che non conoscerò mai e che guardo, sapendo tutto di voi. 
Ciao.
(due)





mercoledì 28 marzo 2018

Cuori e cervelli



Il cuore che non dorme
dice al cuore che dorme: Abbi paura.
Ma io non sono il mio cuore, non ascolto
né do la sorte, so bene che mancarti,
non perderti, era l’ultima sventura.


Potrebbero essere parole sullo spaesamento queste di Raboni, il poeta che aveva casa nel francese, lingua che praticava da fine traduttore. L'immagine dei due cuori palpitanti, e freddi, come poggiati sopra un vassoio di lucido acciaio; uno dorme e l'altro veglia mentre chi legge è al di qua a osservare, a osservarsi. 

I due cuori raboniani mi rimandano alle due teste della novella di G.K.Chesterton, quella del gigante bicefalo e del piccolo bambino che lo deve uccidere citata nell'ultimo libro di Lisa Ginzburg. L'autrice parteggia per il gigante e si cimenta nell'analisi di uno sguardo doppio. Nel breve saggio paragona lo spaesamento provocato da questo tipo di visuale a quello di chi usa una lingua che non è quella materna riflettendo su chi per natura, temperamento o caso, pratica la lontananza . 
Il suo "stare lontano per restare accanto" sembra un modo per sopravvivere nella vita vera come in quella della letteratura
Allora prendo un quadro, qualsiasi, bello o brutto, e individuo al suo interno il punto di fuga. Che sia a quel punto a cui guarda Lisa Ginzburg? Forse è proprio da lì, mi chiedo, che saluta con un buongiorno la mezzanotte, in una delle immagini più struggenti del libro. Come da un punto ideale o da un aereo in volo perenne, piccolo principe senza regno del mitico racconto, è attratta non dal viaggio ma dalla sua analisi. 
E' possibile che la storia e la genealogia personale abbiano come messo ordine nella stanza di Lisa, gli scatoloni dei tanti traslochi appaiono di lato, ben chiusi e ben etichettati. Il suo gesto di lasciare qualcosa di sé dietro le spalle, da qualche parte, e la luce di una stanza senza libri (meglio portarli dentro di sé, scrive) conservano un'antica sprezzatura che continua a sedimentare nel lettore anche a libro finito. 
Ho avuto accesso a stanze spoglie, ascoltato l'eco dei vuoti. E ho come partecipato a un tempo - né un prima, né un dopo - che ha nel "durante" la sua unità di misura.  







martedì 27 marzo 2018

Il mio cuore ha deciso


Il mio cuore ha deciso ed ho paura
che si tratti di te. Qualunque cosa
abbia tu programmato, sappi che
il mio cuore ha deciso ormai - per te.
E se non potrai essere catturato
quest'anno, sarà l'anno che verrà.
Il mio cuore ha deciso e ben lo sa.
Di te si tratta, anche se ne ho paura.
(Wendy Cope)


Sono in fila alla cassa, tra le mani ho il portafoglio e una gonna da pagare. Sono quella confusa nel nugolo di acquirenti, tante persone che attendono pazienti il loro turno, un bambino gioca accovacciato tra le gambe della madre, pare ancora mansueto. Tocca quasi a me, sono quella una casella avanti ai due ragazzi, lui altone e un filo di barba, lei biondissima e curvy, direbbe il magazine di moda, bocca perfetta disegnata rosso fuoco. 
Siamo tutti confusi nella stessa nebulosa, la fila è lunga ma tra poco tocca a me. 
"State insieme?" chiede una signora con voce titubante ai due. Mai la signora dall'aria gentile avrebbe voluto superare qualcuno e fare la figura della furbastra, mai e poi mai.
"No" risponde la ragazza.
"Magari", risponde all'unisono lui, con gli occhi che ridono.

Qualunque cosa
abbia tu programmato, sappi che
il mio cuore ha deciso ormai - per te.

Mi giro con una scusa per guardarli meglio. Lui ancora sorride, con il suo maglione in mano. Che bello, sorride rosso fuoco anche lei, poi abbassa gli occhi e cerca qualcosa in borsa. La signora-cupido è rimasta al suo posto, in fondo alla fila.
"Magari" è l'unica cosa che penso anche io. E digito il pin.


(il mio cuore)


  
    

lunedì 26 marzo 2018

Piccoli lutti


Quel che di qui si vede
- mi sentite? - dal
belvedere di non ritorno
- ombre di campagna scale
naturali e che rigoglio
di acque che lampi che fiammate
di colori che tavole imbandite -
è quanto di voi di qui si vede
e non sapete
quanto più ci state
(Il poggio di Vittorio Sereni)


Un personaggio televisivo molto popolare che scompare, che muore, provoca migliaia di piccoli lutti.
è quanto di voi di qui si vede 
- mi sentite? -
Ed è a tutto questo dolore in formato pixel eppure così onesto, così autentico, a cui sento di partecipare oggi. 

(dietro le quinte)