martedì 7 febbraio 2017

Mi ci facci penzare...


L'acqua ve l'insegna la sete
La terra i mari senza mete
La gioia l'ansia greve
La pace le guerresche glorie
L'amore impronte di memorie
Gli uccelli la neve
(Emily Dickinson)


Qualcuno mi ha chiesto cosa penso. Cosa ne penso degli studenti universitari che ignorano la grammatica.

Cosa ne penso di insegnanti che preferiscono farsi chiamare prof e che ai racconti di Carver preferiscono la brevità di uozzapp. E di allievi che parlano solo al presente. 
E cosa ne penso della moda di fotografarli sui social, i libri, poveri set colorati che giacciono immobili visto che nessuno li aprirà mai dato che in Italia tre persone su cinque non ne leggono neanche uno l'anno. E di materie liofilizzate, come i test che dovrebbero spiegarle, cosa ne penso?
Cosa ne penso.
Imparo a rispondere con Emily Dickinson, la dolcissima poetessa solitaria e sola, e dal suo sussidiario poetico, che vi ho trascritto in alto, traggo le mie risposte. 
Pochi versi per un'enciclopedia intera, vedete? Scienze, geografia, filosofia, storia, lettere. 
E c'è anche l'ora di poesia: capire la neve attraverso gli uccelli che punteggiano il bianco.
Ecco quello che penso.


(ricreazione)

   

lunedì 6 febbraio 2017

Concerti rock


Se la voce dei profeti
soffiasse
nei flauti-ossa dei bambini uccisi,
espirasse
l'aria bruciata da grida di martirio -
se costruisse un ponte
con gli spenti sospiri dei vecchi -

Orecchio degli uomini,
attento alle piccolezze,
sapresti ascoltare?
(Nelly Sachs da "Le stelle si oscurano")


Un concerto. Flauti-ossa che suonano e suonano e suonano. E come nel più nero degli incubi la sordità di un mondo che pensa solo a impedire l'ingresso a qualcuno. L'Europa azzoppata e l'America cotonata. La Brexit. Siamo dentro un grande stadio, si capisce dal clangore delle prove audio.
Ma le voci di coloro che dalla Libia vedono la costa come unico approdo per scampare a povertà, a dittature, sapresti ascoltare?

Torno ieri sera a casa dopo un paio di giorni fuori. È tardi, pesco qualcosa dal frigo e accendo la tv. In Francia, migliaia di uomini e donne esultanti affollano uno stadio fluorescente per gli effetti speciali delle luci. Lontani, guardano in alto, verso Marie Le Pen, la loro stella polare. I politici di destra come le rockstar che non ci sono più, penso, gli altoparlanti che sfondano al ritmo delle stroboscopiche, gli sguardi ipnotizzati del pubblico, tutte le teste che vanno a tempo con gli slogan, le magliette con la scritta...
Giro canale. Alcuni leghisti, grigi e più casarecci, sbraitano in coro.

Mi alzo dal divano, cerco un "fuori" qualsiasi, un po' di silenzio. 
È buio. Piove forte e l'albero che ho davanti è scrollato da raffiche di vento e i suoi rami neri emettono un fruscio sinistro. 
L'aria brucia di grida di martirio.


(Le nostre stelle)
  
   

venerdì 3 febbraio 2017

Confessione


Tempo verrà
in cui, con esultanza,
saluterai te stesso arrivato
alla tua porta, nel tuo proprio specchio,
e ognuno sorriderà al benvenuto dell'altro
e dirà: Siedi qui. Mangia.
Amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io.
Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore
a se stesso, allo straniero che ti ha amato
per tutta la tua vita, che hai ignorato
per un altro e che ti sa a memoria.
Dallo scaffale tira giù le lettere d'amore,
le fotografie, le note disperate,
sbuccia via dallo specchio la tua immagine.
Siediti. È festa: la tua vita è in tavola.
(“Amore dopo amore” di Derek Walcott)


Stare nella testa di un altro. Guardarci dentro. E' un superpotere che mi è toccato in sorte da quando ho scelto di condividere la mia vita con uno scrittore che ha fatto, di fatto, della sua scrittura la sua vita. Saluterai te stesso arrivato alla tua porta, nel tuo proprio specchio.
Rispecchiare.
Ho iniziato, giorno dopo giorno, pagina dopo pagina, a sentirmi parte di una zona oscura, sotterranea. Leggo il buio di un subconscio che non è il mio senza cercare la luce, come se scegliessi di un albero amato, a cui mi aggrappo, di abbracciare le radici e non il tronco solido e frondoso che piace a me e che gli "altri" preferiscono. 
Ecco la sensazione quando leggo o sono personaggio tra personaggi, mi fa un male euforico da anni. Ma mi sembra, comunque, ogni volta un privilegio.
È festa: la tua vita è in tavola.














giovedì 2 febbraio 2017

Clima & Smog

Vedo le nuvole leggere
Vedo il sole lieve
Vedo quanto facilmente disegnano
Un andamento senza fine
Come se provassero fiducia
In me che sto sulla terra
Come se sapessero che io
Sono la loro parola
(poesia senza titolo di Inger Christensen)


Questa voce trasparente, come un pezzetto di neve fresca, appartiene alla poetessa danese Inger Christensen. Nel suo mondo poetico, gli elementi della natura sono tutti coinvolti e contribuiscono a un'osmosi universale tra io narrante e cosmo.

Voglio impararla a memoria per ripeterla ad alta voce quando sono imbottigliata nel traffico! Usare la mia poesia danese come un pezzetto di neve fresca da passarmi sulla fronte quando non riesco a respirare per il troppo smog, quando ritiro lenzuola opache e che non profumano mai di bucato o quando l'indifferenziata tracima dai cassonetti. 
Nuvole leggere e sole lieve possono arrivarmi solo dal Paese più ecologista del mondo.

Gli ultimi dati sull'inquinamento italiano sono a dir poco allarmanti (leggi QUI) e la responsabilità è di ognuno di noi. 
Sono io la parola dell'aria che respiro, mi ripeto mentre il mio pezzetto di neve fresca mi si scioglie tra le mani.

(previsioni del tempo)





  

mercoledì 1 febbraio 2017

Gioventù bruciata


Guarda come alcuni 
pensano che sia il futuro...

E tu, come vedi la nostra vita?

Avvicinati alla teca e guarda
sul fondo della selva
tra il verde immobile e senza odore.

Ci siamo anche noi nella foresta
sapendo le cause, sapendo i fiori  
(Antonio Riccardi in "Aquarama e altre poesie d'amore")


Una poesia di Antonio Riccardi, abilissimo, nei suoi versi, nel ridurre il macro al microscopico. Leggo che l'ISTAT rileva che il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni, è salito al 40,1 per cento (leggi QUI)
Allora vi offro, sulla stessa pagina, da una parte numeri, cifre e percentuali, dall'altra una domanda, poetica, che rimbalza sul vetro della teca che ci contiene tutti.
E tu, come vedi la nostra vita?


(nella foresta urbana)




Nota 
Credo proprio che l'autore sia Andrea Gandini. Leggi cliccando QUI.
A me sembra un gesto di rara bellezza che ho fotografato al volo mentre passavo di là cercando un cappuccino caldo.