venerdì 9 dicembre 2016

Hipsteria generale

Vasi di fiori
ben allineati
presso il barbiere
(Shiki 1867-1902)

Non so bene cosa significhi essere "hipster", lo capisco via via per deduzioni. Meglio, per esclusioni. Personalmente non lo sono per un sacco di motivi e poi non ho la barba, attributo numero uno dell'hipster doc. Mi sono fatta l'idea che si tratti più di una vera e propria vocazione estetica, di un moto vintage dell'animo, di una modalità anche di sguardo, tra l'assente e il brillante, costantemente rivolto "oltre". Sono occhi che cercano sì, ma cercano lo specchio.  
Senza voler capire molto di più e senza chiedermi il perché, ammetto di provare un'immediata antipatia per questi barbuti improvvisi, per questi neociclisti d'antan dal bavero giusto, dal cappottino attillato, dagli occhiali con la montatura spessa e nera, dal risvoltino sul calzino dentro lo scarpino. E che, con apparente gentile apatia per le cose che gli succedono attorno, surfano sui nostri marciapiedi.

Stavo tornando a casa e passavo dalla solita strada. Soliti commerci di una via senza particolare appeal: un orologiaio un po' tristanzuolo, un negozio di articoli per la casa con l'insegna dalla "L" spenta (Casa*inghi), una banca vuota. 
Quella era, nella mia testa, solo la via di Mariolelettrauto, nulla di più e nulla di meno. 
Una strada essenziale, di quelle che uno al massimo dice "passo di qua" senza aspettarsi chissà cosa.
Nel buio del tardo pomeriggio la luce gialla dell'officina negli anni è sempre stata una certezza su cui contare e le macchie d'olio per terra amiche con cui giocare tra i passi. Opalescenti e cangianti sul grigio dei marciapiedi, oggi sono un lupo con i denti, domani diventano una nuvola storta.  
Mario è l'imperatore di questa strada da una quarantina d'anni. Da lui sostano motociclisti in pensione, fissati delle quattroruote, ragazzetti pasoliniani a bottega.   
Toni spicci, vocabolario essenziale, cicca tra i denti, sempre pronto a ricaricare una batteria o a truccare un motore. 
Vado oltre di pochi metri.
Superata l'officina, tra vasi di fiori ben allineati, scopro un barbiere... hipster! 

Sedili nuovi stile rigattiere, insegna luminosa finto vecchio, poltrone rosse lucide come di gel. Prodotti esposti dalle etichette antiquate, fiocchi di schiuma poggiati dentro concoline di ceramica bianca. Pennelli di pelo e manico d'osso. Alle pareti emergono ad arte mattoni finti da finte intonacature finto screpolate.
In fila, smilzi pupazzetti umani barbutissimi e alteri, serviti da omologhi umani barbutissimi e alteri. 
I toni felpati sono avvolti in una musica soft come spuma da barba.
A mezzo metro di saracinesca guardo indietro la luciaccia gialla di Mariolelettrauto. Sento ancora il brusio interno, arriva ancora qualche nota della radio sintonizzata sempre sulla stessa frequenza e sulla stessa canzone da decenni.
Vorrei essere stata una mosca quando hanno aperto il barbiere hipster per sentire cosa ha bofonchiato tra la cicca e i denti Mariolelettrauto.  

(Hipster palermitano)


giovedì 8 dicembre 2016

Oggi, 8 dicembre

L'otto dicembre.
Quanti milioni di terrazze
coperte di brina?
(Kato Shuson 1905-1993)


Un haiku raro, quello con la data. Lo uso come un tratto di evidenziatore sul calendario, spazio e tempo si dilatano, arrivaro lontano, lontano, fino a comprendere tutti gli otto dicembre. Milioni di terrazze, milioni di giorni come oggi vissuti da milioni di vite come la mia, ora, adesso.
Oggi otto dicembre, in un giorno così normale per me, volerà il tweet di Bana? 
Bana è una bambina di sette anni e vive ad Aleppo con la madre. Ha in mano un telefonino. Quasi ogni giorno dal suo profilo twitter lancia i suoi messaggini che restituiscono la cronaca della sua vita, della sua paura. 
Nel rumore assodante, un piccolo tweet che pigola in rete la r-esistenza di Bana. (clicca QUI).

(Bana libera di volare)











mercoledì 7 dicembre 2016

TV rock

Questo mondo
è simile all'eco
che risuona
e poi svanisce
nell'atmosfera
(Ryōkan 1758-1831)

Se trasmetteva qualcosa che non gli andava a genio, Elvis Presley sparava alla tv. Succedeva laggiù a Graceland, Tennessee, nel suo salone dalla moquette pelosa chiamato "Jungle room". Bang, sparava. E l'apparecchio, forato al centro come nei migliori cartoon, è devotamente conservato nel museo dedicato al divo del rock.
Non ho né il ciuffo né porto d'armi, ho solo il telecomando.

E schivo bersani-travaglio-damilano-travaglio-salvini-travaglio-gelmini (ripeto) gelmini- carfagna (sì) carfagna-d'alema-floris-formigli-vespa-travaglio-grillinivari-gasparri-scaaansi- gasparri-gasparri-travaglio-scaaaansi che fanno, con autorevolezza, sensibilità e amor di patria, il punto della situazione. Telecomando in mano, cambio.

E mi butto così su Mika che pare abbia una casa dove vanno un sacco di persone amikedimika, micamie, ma ci trovo anche io un'amica: Patrizia Cavalli la poetessa. Che come sempre volava e rimava, lieve e salda sulla terra, con la giacca verde e il suo foulard di seta.
Eleganza, bellezza. Poesia.
Però finisce, mika può durare tutta la sera, mi dico, e cambio canale.
E mi attacco ai canali di tipo istruttivo (foche, leoni, quanti, biografie, guerre) e becco la storia dei Clash e del suo leader Joe Strummer. Una volta, racconta lui stesso, vide in tv, in un servizio del telegiornale ben inquadrata, sulla bomba pronta a sganciarsi sull'Iraq, la scritta "Rock the casbah", titolo della sua canzone più famosa. E pianse. E svalvolò. Moltissimo, come raccontava il documentario di ieri.
L'ho capito ancora una volta. Amo il rock. Le canzoni, come il mondo per Ryōkan, son come fiori che poi svaniscono.


(Piccolo spazio pubblicità)









martedì 6 dicembre 2016

Desideri

Sulla strada di campagna
scorre la brina,
penetrata dalla luce del sole
(Iida Dakotsu 1885-1962)


Questo haiku raccoglie due desideri. Un Natale pieno di parenti, tanta confusione, regali da scartocciare. Organizzato da me, a casa mia. Dove ci sono anche quelli che non ci sono, tutti, e tutti sembrano così contenti.
E una casa in campagna. Di quelle con la terra, l'orto e il tramonto, il tavolo per mangiare fuori d'estate e il caminetto, da accendere ora che fa freddo. 
Mi ci vedo, tra quegli spazi bianchi che ha lasciato liberi il poeta. Io sono lì, alla finestra, che guardo la strada, la luce del sole sulla brina uguale alle lucine che ho appeso in giro pensando ai miei desideri dicembrini. 
Sempre quelli. Sono la solita...   


(campagna alla finestra)




lunedì 5 dicembre 2016

Oggi

Sotto la stella del mattino
piccola eco in una teiera di ottone
il canto di un cuculo
(Akutagawa 1892-1927)

Colazione. Oggi Mentana mi ha portato i cornetti. Ha fatto nottata, è ancora in giro, adrenalinico, aspetta le primarie, altre elezioni... Cornetti e maritozzi, sta a mille.
Io, no. Sono calma. Aspetto che la macchinetta del caffè faccia il suo solito lavoro, ho acceso la radio... una solitissima mattina come le altre. I giornali? Le notizie? No grazie. So già tutto. Un po' di musica, un po' di Max Pezzali per le mie orecchie.
Non sono su di giri, io, per niente. Anzi, sto rilassata. Rilassatissima. 
Da oggi infatti non dovrò più difendere Renzi, che neanche conoscevo, non passerò più per "renziana" io che odio i personalismi, posso finalmente dire che la Boschi mi sembrava una preparata e in gamba, senza passare, come è stato detto recentemente in ascensore da un collega che pensava votassi NO, senza passare, dicevo, per una vecchia fascista di quelle che difendono i loro interessi e per questo li votano.
Non ho interessi da difendere e non sono fascista, tranquilli, io sto serena. Non esulto, non faccio nulla, non seguo Casapound o Meloni o Salvini, io. Non lo farò mai, per costituzione.
Posso finalmente rilassarmi e aggiungere apaticamente: fate voi.


(grazie, SÌ, ancora caffè)