mercoledì 7 settembre 2016

Favola

Cielo terso d'autunno
un antico boschetto -
e questa capanna!
(Ryōkan 1758-1831)

Boschetto? In Norvegia sono veri "bosconi", intricati, potenti. Ci sono stata a fine settembre dell'anno passato ed è stato indimenticabile. Lo dico senza enfasi, ricordo ancora il profumo e la sensazione di paura e godimento, le conifere altissime che proteggevano muschi e licheni dai colori del mare. Il bosco. E dentro una capanna, c'ero anch'io.
La Norvegia, si sa, è un po' fiabesca. I suoi fiordi, l'anima vichinga, gli abitanti belli e biondi. Le case con le finestre grandi che offrono la vista interna a chi passa, senza nasconderla. Piccoli oggetti, ghirlande o candele, che incorniciano la comoda sobrietà domestica senza ostentazione o vergogna. Come avrei voluto importarle dalle nostre parti! 
Il castello, abitato dal suo vecchio re, lo immagino con un trono ergonomico di legno chiaro, pochi quadri di barbuti e biondi antenati, qualche tappeto dal disegno vichingo, un bel caminettone (ecologico!) e lui, Sua Maestà, che sparecchia.

Nell'austera e ricca Norvegia, piena di petrolio e dalla recente svolta reazionaria - in ogni favola appare la magagna - il vecchio re Harald V ha fatto un discorso che ha toccato il cuore di tutti. 
"Siamo tutti norvegesi, etero e gay, cristiani e musulmani" ha proclamato alla folla commossa. 
Clicca e guarda VIDEO con sottotitoli.


(Oslo. Finestre sul mondo)






martedì 6 settembre 2016

No slot!

Tornata ancora
al bicchiere di sakè
la mosca annega.
(Uejima Onitsura 1660-1738)



È un azzardo, quello della mosca di Onitsura, e lo paga caramente!

Come quello degli umani che buttano via i risparmi nella slot sotto casa, frequentatori disperati di tabaccherie e di bar dall'aria torva che ingoiano pensioni intere. Mai un sorriso, lì dentro, mai un rassicurante "Dottò, il solito?" o un profumino di brioche. Mai, fateci caso.
Cupi luoghi di solitudini, illuminati con i led delle slot ora sì ora no, con quei banconi imbandierati di ogni tipo di subumano grattevinci. Quelle facce al neon, quel dlin dlin incessante. 
Boicottarli evitando di spenderci anche solo un euro, è stata la mia protesta di questi ultimi anni.
Ma qualcosa cambierà!
Leggi la bella notizia cliccando QUI.


(Slot del cuore)







lunedì 5 settembre 2016

Bagni

Nudo in bagno -
Fuori la conversazione
cresce sempre più animata
(Santōka 1882-1940)

Questo haiku del caro Santōka, "è", per me, lo stato d'animo del rientro.
Dopo un periodo di vacanza, dopo essere stati fuori al mare o ai monti, o molto più sobriamente anche solo a casa respirando città sospese e svuotate, dobbiamo ricominciare.
Preferisco pensare ancora un po' al mare, allo sciabordio come basso continuo alla mia estate, e a quel gesto, solo apparentemente, inutile, di impilare due o tre pietre cercando il punto di equilibrio sul lungomare di Barcola. Tutto intorno alle pietre in bilico solo vento e mare. Il nome dell'autore di questa piccola performance artistico-filosofica me lo ha urlato, ma con simpatia, un bagnante lì nei pressi, mentre ero intenta nella foto che vedete.
"E' suo il copyright! E' di Diego!" e mi indica un "barcolano tipico" steso sull'asciugamano a due passi da me. Il classico triestino abbronzato, un po' play boy d'antan un po' vecchio lupo di mare e abbronzatura che, sorridente e silenzioso, non batte ciglio. 
Diego, che non conosco e che non mi conosce, a tutti noi passanti ha fatto un regalo zen che ho fotografato per ricordo. 

Riflessa nello specchio, mi guardo. Mi vedo? Lentamente, molto lentamente, sistemo meglio il sapone nel suo contenitore, pulisco qualche goccia dal lavandino. Piccoli gesti inutili che allentano i tempi del mio prepararmi per uscire.
Di là, il brusio del mondo dalla mia radio: Roma con la sua giunta disgiunta, malattie gravissime curate con lo sciamanesimo, jingle pubblicitari, la batosta della Merkel, l'ora esatta...


(Equilibrio estivo)






venerdì 2 settembre 2016

Reality romano

Colonna antica
ruderi come vertebre
- i papaveri
(Sono Uchida 1924)

È successo. Il Comune di Roma come la Casa del grande fratello. "Lei", "loro", gli "amici infìdi", le "esternazioni" alle telecamere, i "litigi". Oggi è il turno degli "ex" (alcuni mega dirigenti dell'azienda trasporti ATAC e di quella dei rifiuti) raccontati su giornali vogliosi, da troppo tempo impegnati solo con il terremoto (clicca QUI).
Nel ponentino romano fischiano i tweet.
Ci sono anche i commenti del pubblico, le dichiarazioni e le interviste con le copertine, solo che una volta potevo cambiare canale. Cambiare città, la vedo difficile.


(Un'isola dei famosi)

giovedì 1 settembre 2016

#fertilityday

Triste e solitario
davanti a una porta chiusa
aghi di pino
(Ryōkan 1758-1831)


Questa storia del "Fertility day" ha partorito un topolino, se leggi i risentimenti dell'opinione pubblica e gli editoriali sui quotidiani (clicca QUI).
Ma la sterilità per me è anche nella discussione che ha generato, che relega il problema della denatalità solo alla paura di fare figli se non c'è un impiego sicuro. Non può essere solo questo, il lavoro o la mancanza di politiche sociali adeguate. Non mi basta.

Sulla questione mi sono già espressa e, in qualità di "figlia di me stessa", ho pubblicamente tempo fa ammesso che il nostro calo demografico non mi fa né caldo né freddo. Sinceramente. 
Leggo e rileggo le proiezioni nefaste, i gridi d'allarme, le conseguenze negative sull'economia ma niente, neanche uno spiffero di preoccupazione. Sono troppo "mia figlia", è chiaro, ma non faccio l'economista né sono una politica. 
Ma non è evidente che molte donne desiderano avere un figlio troppo tardi? E che lo fanno tardi, appunto, e non solo per questioni economiche? 
Ed è questo su cui riflettere. 
Siamo figlie di questi tempi. La vita è social, vogliamo sentirci centenari scopabili (qui la parità è raggiunta), postarci. Avere cura di noi, sempre meno degli altri. "Coccolarci", quante volte FB, i magazines, lo ripetono? 

Siamo una specie di nuova natura, più instagram e meno ziapina. Quanti tatuaggi over anta, quante nonne vestite uguali alle nipoti? Quanti articoli su mamme a quarantanni, poi a quarantacinque, domani a chissà quando? E non perchè solo a sessanta troviamo lavoro, dai! 
Non rinunciamo a nulla, lo abbiamo fatto, non ci va più. E la nostra adolescenza eterna, maschile o femminile che sia, a un certo punto si incrina. E sono guai. E le porte, come nell'haiku, si chiudono. 
Sbam!

Ribadisco che la questione nascite mi tocca poco, vivo i miei tempi. 
Mi sento felicemente madre adottiva di generazioni che vengono da lontano e che contribuiranno a sollevare economicamente Paesi sdentati e piacioni.


(Fertility)