martedì 8 dicembre 2015

Giubileo

L'otto dicembre.
quanti milioni di terrazze
coperte di brina
(Kato Shuson 1905-1993)



E da oggi scatta il giubileo. Roma si rifà il cerone; qualche buca da coprire, qualche lavoro di qua e una stuccatina di là, quel semaforo me lo sposti e... E quella quercia centenaria che dà il nome alla piazza da sempre? Via via via! Non sembra, ma è "gravemente" malata, si vede da tutti quei rami e da quelle foglie che anno dopo anno cadono e rinascono. Non sembra è vero, lo sappiamo anche noi, ma la dobbiamo tagliare per predisporre sulle sue radici un bel manto d'asfalto, più elegante, più grigio, più "in sicurezza" (QUI).
Ma quante ne pensiamo in nome della sicurezza per riuscire a rendere tutto più grigio.
Otto dicembre. Una data sul calendario che sta finendo, quello pieno di giorni passati e di crocette sulle scadenze. Tutto qui. La morte di Lennon e il cappellone bianco di Yoko quando se lo sposò. Mi sa di cose lontane e mai vissute come l'inverno a New York, la brina sugli alberi del Central Park zona Dakota building. Di quasi neve. Mi sa di letti bianchi peace and love e di milioni di ragazzi di tutte le età che ci credono ancora.
Ecco, questa data per me, al massimo, proprio al massimo... significa questo.


(giubilo 1995)
   

venerdì 4 dicembre 2015

Polpette

Stanno diventando più piccole
anche le polpette dolci di riso
ora che soffia il vento d'autunno
(Kyoriku 1656-1715)



Basta girare per strada per sentire sul collo la sferzata della folata autunnale. 
Spazza certezze, rende tutto precario, temporaneo, a termine.Ciò che ci circonda sembra solo da prendere al volo o da schivare prontamente. Ma mi spiego meglio.
Dal motorino scorgo l'insegna pubblicitaria di una barretta di cioccolata "limited edition". Corri, affrettati e questo particolare gusto "dark" sarà tuo, dice al passante. 
Nelle stazioni della metro gli esercizi commerciali "temporary  store" girano su se stessi cambiando le insegne. Dove vendevano saponi ora vendono biscotti, settati nell'invito costante a non perdere il "momento giusto" per acquistare qualcosa.
Precari, attraversiamo un mondo liquido, dalla liquidità in rosso, con un terrorismo di tipo liquido.


(nel vento)









       
    

giovedì 3 dicembre 2015

Hipster

Vasi di fiori
ben allineati
presso il barbiere
(Shiki 1867-1902)

Non so bene cosa significhi essere "hipster", lo capisco via via per deduzioni. Meglio, per esclusioni. Personalmente non lo sono per un sacco di motivi e poi non ho la barba, attributo numero uno dell'hipster doc. Mi sono fatta l'idea che si tratti più di una vera e propria vocazione estetica, di un moto vintage dell'animo, di una modalità anche di sguardo, tra l'assente e il brillante, costantemente rivolto "oltre". Sono occhi che cercano sì, ma cercano lo specchio.  
Senza voler capire molto di più e senza chiedermi il perché, ammetto di provare un'immediata antipatia per questi barbuti improvvisi, per questi neociclisti d'antan dal bavero giusto, dal cappottino attillato, dagli occhiali con la montatura spessa e nera, dal risvoltino sul calzino dentro lo scarpino.

Stavo tornando a casa e passavo dalla solita strada. Soliti commerci di una via senza particolare appeal: un orologiaio un po' tristanzuolo, un negozio di articoli per la casa con l'insegna dalla "L" spenta (Casa*inghi), una banca vuota. 
Quella era, nella mia testa, solo la via di Mariolelettrauto, nulla di più e nulla di meno. 
Una strada essenziale, di quelle che uno al massimo dice "passo di qua" senza aspettarsi chissà cosa.
Nel buio del tardo pomeriggio la luce gialla dell'officina negli anni è sempre stata una certezza su cui contare e le macchie d'olio per terra amiche con cui giocare tra i passi. Opalescenti e cangianti sul grigio dei marciapiedi, oggi sono un lupo con i denti, domani diventano una nuvola storta.  
Mario è l'imperatore di questa strada da una quarantina d'anni. Da lui sostano motociclisti in pensione, fissati delle quattroruote, ragazzetti pasoliniani a bottega.   
Toni spicci, vocabolario essenziale, cicca tra i denti, sempre pronto a ricaricare una batteria o a truccare un motore. 
Vado oltre di pochi metri.
Superata l'officina, tra vasi di fiori ben allineati, scopro un barbiere... hipster! 

Sedili nuovi stile rigattiere, insegna luminosa finto vecchio, poltrone rosse lucide come di gel. Prodotti esposti dalle etichette antiquate, fiocchi di schiuma poggiati dentro concoline di ceramica bianca. Pennelli di pelo e manico d'osso. Alle pareti emergono ad arte mattoni finti da finte intonacature finto screpolate.
In fila, smilzi pupazzetti umani barbutissimi e alteri, serviti da omologhi umani barbutissimi e alteri. 
I toni felpati sono avvolti in una musica soft come spuma da barba.

A mezzo metro di saracinesca guardo indietro la luciaccia gialla di Mariolelettrauto. Sento ancora il brusio interno, arriva ancora qualche nota della radio sintonizzata sempre sulla stessa frequenza e sulla stessa canzone da decenni.

Vorrei essere stata una mosca quando hanno aperto il barbiere hipster per sentire cosa ha bofonchiato tra la cicca e i denti Mariolelettrauto.  


(Ibsen. Hipster?)





      
  

mercoledì 2 dicembre 2015

Feste & C

Nel grande tempio
poca luce
notte fredda
(Shiki 1867-1902)


Questa storia dei presepi e delle tradizioni religiose brandite come magli di qua e di là con il sottofondo, stonato, di carole di Natale cantate a squarciagola fuori le scuole, ecco, mi ha veramente prostrato. E con loro la storia annessa delle radici culturali, dell'identità in cui ritrovarsi, dell'appartenenza...

Ma scusate, se organizziamo a casa una festa con gli amici e tra gli ospiti c'è anche un vegetariano, lo costringo a mangiare braciole ben arrostite o preparo un menù che possa gradire anche lui ? 
Credo di mantenere il rispetto per me stessa, per quello che agli occhi del mondo "significo" anche togliendo dalla tavola la carne se so che alla sua sola vista un mio ospite può turbarsi. Quindi, in salotto e sopra una tavola imbandita, ovvero nei luoghi più "conviviali", più "pubblici" di un'abitazione sì, francamente toglierei di mezzo pietanze, chiamiamole, indigeste per alcuni. Poi, più tardi e più "privatamente", ad esempio in cucina o in qualsiasi altro luogo meno "condiviso", meno "pubblico" della casa, affonderei i miei denti sulla braciola bevendoci su alla grande. Non per chissà quale motivo. 
Da ragazzetta frequentavo un gruppo di amici tra i quali c'era anche un giovane palestinese, non eravamo certo una cellula rossa solo un gruppetto di ragazzi che mangiava la pizza quando gli obblighi del suo ramadan ce lo permettevano. 
E nessuno ha mai avuto nulla da ridire. 
Non chissà per quale motivo. Una banale attenzione per l'altro? 
Una mia amichetta giapponese ancora più in là nel tempo, alle elementari, organizzava ogni anno la Festa delle Bambole. Invitava noi compagnetti a casa, distribuiva piccoli doni insieme a sua mamma e al suo papà che ricordo seraficamente impettiti e sorridenti vicino l'altarino rosso su cui splendevano bamboline dai vestiti di stoffa colorata. 
Era anche quello un natale? A me sembrava proprio così.   

Una scuola, non solo pubblica, dovrebbe badare all'educazione e all'integrazione di tutti, assolvendo anche al compito di facilitare le vite dei suoi alunni. A scioglierli dai complessi, a suggerire mondi, a essere un luogo di apprendimento e di ritrovo. 
A scuola nascono le prime curiosità intellettuali, i grandi amori, le amicizie del cuore.
Torniamo realmente al cuore delle cose e alla cura per gli altri, semplicemente, senza prenderci a presepate in faccia soprattutto in un'aula.  


PS
Non sono buddista. Non sono nulla.


(santino personale)

martedì 1 dicembre 2015

Clima generale

Si suona il flauto.
I campi sono interamente 
verdi
(Issa 1763-1827)


Un haiku dall'atmosfera idilliaca, con onde musicali e sensoriali che si riverberano nell'aere. 

Magari!!!
Peccato che l'aria invece sia così pesante...
A Parigi fino all'11 dicembre si discuterà di clima cercando accordi politici per limitare i disastri legati al surriscaldamento globale. 
In effetti, mai come in questi giorni il clima generale appare bollente e mai come in questi giorni sono urgentissimi gli accordi di pace. 



(Les feuilles mortes)