venerdì 30 gennaio 2015

Ricette

Abbandonati 
i sentimenti malevoli
sbuccio fagioli
(Ozaki Hōsai 1885-1926)



Poi ditemi che i miei monaci zen non sono saggi! Sono rarissimi gli haiku che citino non dico prelibatezze ma cibo in genere. Qualche pugno di riso, una sardina secca, un paio di mochi, due o tre fagioli rossi e vanno avanti. Leggeri, frugali e senza rompere le scatole al prossimo. 
Va bene, va bene, la cucina giapponese, a dire il vero, è estetizzante, simbolica eccetera eccetera, ma è talmente difficile da riprodurre sul tagliere di casa che uno lascia perdere, si fa un uovo al tegamino, e finisce in silenzio a leggersi come ne parlava Roland Barthes:

Da noi, una minestra chiara è una minestra povera; ma qui, la leggerezza del brodo, fluido come acqua, il pulviscolo di soia o di fagioli che vi galleggia, la scarsità delle due o tre cose solide (fili d'erba, filamenti di legume, particelle di pesce) che solcano fluttuando questa piccola quantità d'acqua, dànno come l'idea di una densità chiara, d'una nutrizione senza grassi, d'un elisir tanto più corroborante quanto è più puro: qualcosa d'acquatico, più che non d'acquoso, di delicatamente marino che suscita un'immagine di sorgente, di vitalità profonda.
Da "L'impero dei segni" di Roland Barthes (Einaudi)

Tra un tutorial sul soffritto che vanta milioni di contatti, hashtag che non indago tipo #savethecaponata e una foto di un lezioso macaron sicuramente più cliccata di un haiku di Hōsai - vi servo, su un piatto d'argento, "Le ricette degli antichi" edito da Il melangolo:


(A tavolaaaaa!)

E' un consiglio utile per fronteggiare le peripezie culinarie degli amici che ritroviamo, nostro malgrado, tutti masterchef da un momento all'altro. E per arginare i dettagliatissimi discorsi legati alla ricetta del piatto che, a causa della lunghezza della spiegazione, guarda caso, si raffredda sotto i nostri occhi da pierrot. 
Come tacitare gli amici masterchef? Come inibire la loro foga cuciniera germinata da abboffate di foodreality e corsi culinari a go go che li hanno resi, ai nostri occhi, saputi e scipiti?
Cimentandovi con queste ricette classiche pensate da Apicio, gastronomo dell'antica Roma nato nel 25 a.C. .
Otterrete vari risultati: il primo, quello di una lettura curiosa, il secondo, più snob, quello di poter sperimentare ricette antiche e non mainstream e l'ultimo, meravigliosamente vendicativo. 
A colpi di aglio, garum (qui), pesci marci, rafani, miele e carni così sapide che inducono a bere per giorni - tutti ingredienti di facile reperibilità nel mio frigo - potrete realizzare una cena a sorpresa per gli emuli dei vari Cracchi che conoscete e con cui, fino a solo un paio di anni fa, uscivate per una pizza in totale serenità fregandovene altamente del lievito madre.   










giovedì 29 gennaio 2015

Roma amoR

Forte stretta di mano
la tua mano, la mia mano
screpolate.
(Santoka 1882-1940)



Niente da fare, Santoka è Santoka!

Finalmente Roma è la centossessantesima città italiana ad approvare il registro delle unioni civili!!!
Copio e diligentemente incollo: "si definiscono unioni civili quelle forme di convivenza, riconosciute dall’ordinamento giuridico, fra due persone, legate da vincoli affettivi ed economici non vincolate dal matrimonio o impossibilitate a contrarlo". E il link alla notizia (leggi)
Qui c'è da festeggiare la possibilità di amarsi, di essere tutelati e di stare anche un po' più sereni.
E il metodo per festeggiare rimane il solito...



(Come gli pare.)


Vorrei che rileggeste questa storia d'amore cliccando QUI. Era bellissima.

mercoledì 28 gennaio 2015

Sumo

Ad essere sconfitto
è stato un bonzo.
Incontro di sumo
(Takari Kikau 1661-1707)




Due o tre giorni fa il lottatore yokozuna Hakuhō Shō si è aggiudicato un record storico vincendo trentatre gare di sumo (clicca qui per il video). 

Il sumo, nato intorno al VI secolo e via via evolutosi da rito religioso a combattimento sportivo, ha regole semplici. Per vincere è necessario buttare fuori dalla linea tracciata sul pavimento, un cerchio disegnato a terra, il possente avversario. E' stato così molto facile, quando mi è capitato di assistere a un incontro in occasione di un mio viaggio in Giappone, capire il senso di quello che stavo vedendo, ma molto più complicato entrare dentro i singoli gesti e riuscire a distinguere le variazioni tecniche, più di settanta, di presa e atterraggio. 
Ancora più difficile spiegarsi come corpi di quella stazza possano essere aggraziati e portentosi insieme. 
Qui vi propongo qualche mia impressione durante un vecchio incontro, sicuramente meno incisiva della nitida micro-cronaca di Kikau, allievo coltissimo tra i prediletti di Bashō. 
Ma non aspiro a tanto.


(Tokyo. Io sono alle sue spalle. Parola di Dailyhaiku!)

Il sumo attrae migliaia di tifosi da tutto il Giappone che si raccolgono ordinati e festanti sugli spalti. Gli incontri sono brevissimi, uno dopo l'altro, e il pubblico, comprando un biglietto valido per molte ore, passa dentro lo stadio quasi una giornata e fa un po' "casetta". I tifosi chiacchierano compostamente seduti su tappetini disposti per l'occasione mangiando qualcosa di buono tirato fuori dai bento, bevono bibite e té fumanti. I bambini piccoli dormicchiano o giocano con qualche giochino, i più grandi seguono curiosissimi quello che succede al centro del dohyoSi freme alla vista del preferito, si rumoreggia con palese disappunto se questi viene atterrato. 
Nessun fumogeno o bomba carta, nessun coro violento, nessun coltello o katana mimetizzati nel giubbotto, nessuno sguardo truce. Gli atleti sono composti, silenziosissimi, regali. Il pubblico accoglie qualsiasi decisione presa dall'arbitro con rispetto devozionale. Corna, sputi e pernacchie, di nostrana tradizione sportiva, anch'essa molto antica, non pervenuti.
Si ha la netta sensazione di assistere a qualcosa di sacro e ludico insieme con tracce di gioiosa eccitazione infantile. 
Altissima la concentrazione mentale dei tifosi e degli atleti durante il brevissimo incontro, a volte di pochi secondi, il cui inizio è caratterizzato da una sorta di rito officiato dall'arbitro, il gyoji, che presenta al pubblico i lottatori con il loro nome da combattimento, ad alta voce e senza microfono. In mano ha un ventaglio splendididamente colorato. Altri arbitri secondari in kimono nero, maestri ed ex lottatori, osserveranno il match, con l'attenzione dovuta, dai lati. 
Gli spogliatoi sono aperti e gli atleti, miti assoluti nell'immaginario collettivo giapponese, lasciano magnanimi che qualche curioso possa accedervi. Anche io l'ho fatto, ho sbirciato qua e là, ho scattato foto. Non c'erano tifosi, gironzolavo indisturbata nel via vai di massaggiatori e addetti alla vestizione. Se mi concentro, riesco a ricordarmi ancora il profumo degli unguenti che si spalmavano addosso. Sapeva di buono, qualcosa tra la canfora, gli agrumi e polvere di riso. 
Nessuna goccia di sudore, nessuna traccia di umanità. Meraviglioso è stato osservarli quando si pettinavano, creando la lucidissima impalcatura di capelli nerissimi a forma di foglia di ginko chiamata oicho.

I lottatori di sumo sono delle divinità, sanno di esserlo ed io ero un insetto in quel momento, invisibile ai loro occhi, alteri e assenti
La gentilezza sembrano praticarla come filosofia di vita. Girano per strada in kimono e, con quell'aria da bambini giganti, mangiano zuppe di ramen ai chioschi, sorridono condiscendenti se qualcuno chiede loro un autografo, sono silenziosi e assorti.
Ecco il mio sumo. Rito, sport, forma d'arte, cartone animato, arte marziale. 


martedì 27 gennaio 2015

Memoria

Un treno merci. E' freddo
Centomila pietre tombali
fremono
(Kakyo 1913-1969)





Spesso la realtà supera la fantasia, quando poi ci si mettono tecnologia e impegno civile, il risultato è un' app che... trova il nazista!
Succede a Berlino dove un collettivo ha lanciato Berlin gegen Nazis ovvero Berlino contro il nazismo, un'applicazione in grado di individuare i cortei legati all'estrema destra tedesca che mobilita, chi la usa, indicando il luogo di una possibile, e pacifica, contro-manifestazione. 
Si scarica gratuitamente in tre lingue (tedesco, inglese e turco) e offre una mappa aggiornata dei cortei di matrice neonazista, evita di trovarcisi in mezzo e indica i luoghi scelti per eventuali manifestazioni flash-mob contrarie. Tutto l'anno, invia messaggi push su iniziative e ricorda eventi legati a integrazione e tolleranza in giro per la città (clicca qui e qui). Promotrice anche la senatrice all'integrazione di origine turca, sottolineo turca, Dilek Kolat, che afferma: "Il razzismo e l'antisemitismo non hanno posto a Berlino. Lo diciamo forte e chiaro, soprattutto in questi giorni. Berlino è una città cosmopolita e tollerante e deve rimanere tale". 

A me basterebbe che in Italia chi fa il "saluto romano", ad esempio, sia multato, come succede, ovvio, ma venisse anche additato dalla società civile, messo in minoranza. Se si è ottenuto che venisse rispettato il divieto di fumare nei locali pubblici lo si deve alla multa, certamente, ma anche a come si viene guardati con disappunto se si trasgredisce. Invece qui comportamenti del genere o frasi razziste, sono spesso iscritti come "ragazzate". Se ti fanno andare per traverso la giornata, sembri pure quello un po' fissato, il buonista di sinistra, un po' rompiscatole e molto, molto sfigato. 
In troppi non considerano il saluto romano un atto grave, come dovrebbe accadere in un Paese civile e sano (vedi anche alla voce "stadio")! 
Un Paese dalla memoria attiva e pronta, immune da forme di Alzheimer autoassolutorio. 
Un Paese che dovrebbe "ricordare" tutti i giorni, domeniche comprese, e sentirsi ancora una bella coda di paglia in materia di antisemitismo, leggi razziali, treni merci pietre tombali.



(Indicazione stradale)


lunedì 26 gennaio 2015

Grecia 2015

Mondo giusto!
Un fior di loto
anche per un soldo bucato
(Issa 1763-1827)



Grecia 2015. Vittoria schiacciante del partito di Tsipras. 
Ovviamente le analisi politiche le potete leggere su tutti i giornali, qui mi limito all'augurio che questo meltemi di rinnovazione soffi forte e scopra un'Europa giusta. Quella del Manifesto di Ventotene del 1944 redatto da Altiero Spinelli, Eugenio Colorni, Ernesto Rossi con Ursula Hirschmann. 

Un'Europa libera e unita. Un vento di rinnovazione che sospinga il movimento di tutti coloro che vorrebbero gli stati uniti d'Europa, con un esercito europeo, una polizia europea, una politica migratoria europea, una politica fiscale europea (senza guerra tra prodotti arance contro arance, vino contro vino, olio contro olio eccetera), ma soprattutto con una politica economica europea. E se quel debito venisse affrontato da un'Europa autenticamente unita, quel debito sarebbe solvibile. 
Sarebbe un vero mondo giusto...


(Atene agosto 1985.  In servizio e in vacanza)