venerdì 16 gennaio 2015

Religione

Dove c'è l'uomo
ci sono le mosche
e c'è anche il Budda
(Issa 1763-1828)




Proprio nella stessa settimana iniziata con il sangue mercoledì scorso alla redazione di Charlie Hebdo, proprio quando i temi dibattuti sono ovviamente quelli della religione e dell'iconoclastia e il Papa condanna chi uccide in nome della religione (ma un bel pugno, a chi offende magari sua madre o Dio, è pronto a darglielo) che faccio? Mi reco al Teatro Argentina di Roma per il "Go down Moses" di Romeo Castellucci (programmazione qui).

Tralascio riflessioni che non mi competono sul lavoro di questo grande regista - che trovo, e sono fondamentalista in questo, sempre sorprendente - e mi soffermo sull'animale raffigurato nella prima scena dello spettacolo. Ah, tralascio anche i fischi che sono partiti dai critici in platea. Non mi interessano. 
Al contrario, mi interessa quell'unica opera d'arte posta sulla parete bianca di un museo ideale. 




Si tratta della raffigurazione del "Leprotto" di Albrecht Dürer del 1502, un raro soggetto ad acquerello, raro anche perchè è risaputa la predilezione di Dürer per la figura umana e, soprattutto, per se stesso ritratto come il Messia. Siamo nel prologo dello spettacolo, le luci sono ancora accese. L'opera viene osservata da un pubblico di attori, anch'esso ideale, che sembra a gesti "misurarsi", letteralmente, con essa. 




Romeo Castellucci, dopo i precedenti Sul concetto di volto nel Figlio di Dio (un figlio e un padre malato) e il lavoro tratto dal racconto di Hawthorne Il velo nero del pastore, nella sua nuova "immersione teatrale" nell'inconscio, sceglie, a mio avviso, questa precisa icona, animale, proprio per rappresentare visivamente quello stato pre-umano  - indicibile, razionalmente inspiegabile e invisibile - con cui dobbiamo fare i conti e appunto "misurarci" con i nostri poveri mezzi. 
E un po' come Dürer che progettò la serie xilografica tra il 1500 e il 1511 La vita di Maria, dettagliatissima e realisticamente rappresentativa della Germania del tempo, Castellucci oggi mette in scena l'ultimo capitolo del suo suggestivo trittico religioso avvisandoci che l'esigenza del trascendente è inevitabile, ci assedia e preme alle nostre spalle nei secoli dei secoli, ieri come oggi o domani. Questo strano coniglio, un po' animaletto rassicurante delle favole un po' feto inquietante degli incubi.
E che sia in forma Natura-coniglio, di graffito in una caverna o nell'atto misterioso e violento di un parto in uno squallido cesso pubblico, disvela spietatamente la nostra inadeguatezza di esseri umani. Uomo, mosche e "anche il Budda".


(Casa e sacre scritture)














  


     

   

giovedì 15 gennaio 2015

Napolitano

Giorno lungo.
Le mani che si erano incontrate
restano unite
(Hino Sojo 1901-1956)





Mi piace tanto quando per strada incontro due vecchi che camminano ancora uno accanto all'altra, dopo una vita insieme, a braccetto. Silenziosi, infagottati da strati di lana sotto il cappotto. Si diventa così leggeri eppure così solidi. Vorrei abbracciarli, complimentarmi con loro, intervistarli: "Come avete fatto? Come avete fatto?". E invece penso solo a tante cose confuse e tutte insieme, che mi piacerebbe fosse capitato così anche i miei genitori, risento quelle carezze indecise di mani un po' nodose, diverse, sulla mia testa. Vedo vestiti che conosco, passetti che capisco, spio piccole premure, mi auguro la stessa fortuna...

Napolitano lascia il Quirinale. Lo immagino nell'intimità della sua casa, dopo un'esistenza invidiabile, una bella vita vissuta pienamente e ricca di soddisfazioni, e ancora con sua moglie accanto.
Il giorno è stato lungo e bello.


(Tramonto napoletano)


E se vi va, leggete anche questo vecchio post QUI
















mercoledì 14 gennaio 2015

Akutagawa

Il mio naso che cola
solo sulla punta
l'ultima luce della sera
(Akutagawa 1892-1927)




Questo strano haiku che ride di se stesso viene anche classificato come uno jisei ovvero quella poesia giapponese "ultima" con la quale il poeta saluta la vita. Il sarcastico, tenebroso, decadente Akutagawa sceglie uno haiku come jisei prima di suicidarsi e lo sceglie bello irridente. L'ultima presa in giro è per il suo naso gocciolante.

Leggendolo a una settimana esatta dai fatti di Charly Hebdo il pensiero può andare ai vignettisti, a quanto una vignetta possa essere irridente eccetera eccetera.
Ma sconfino anche io, tralascio tutto questo e plano sull'aspetto ridicolo di questa connessione continua, forzata e un po' passiva (ma inevitabile) alle notizie che si accavallano e rimescolano una con l'altra.

Non è ridicolo il senso di saturazione che ormai impedisce la memoria storica? Non fanno ridere i carlifrecceri intervistati sull'islam che si autocelebrano parlando di un loro programma televisivo anni ottanta? E le battute su twitter, in cui sono incappata, una diceva: "avvistata gente con la matita in mano al funerale di Pino Daniele"? E i giornalisti che intervistano musulmani fuori alla moschea e chiedono se sono d'accordo con l'Isis, non sono da scompisciarsi? E l'Isis che gira spot alla Spielberg? E non fa forse ridere a crepapelle anche Anonymus, leader virtuale dell'associazione mondiale di hacker, che dovrebbe tranquillizzarci perchè tutelerebbe il web, ma si veste da jocker e ha la voce da cartone animato?
Ho proprio il "naso che cola" dalle risate. Piango dalle risate.


(Riso. Di vari tipi)
































martedì 13 gennaio 2015

Leggendo haiku

Aspettando il prossimo tuono,
incontro per caso
bellissimi occhi
(Saitō Sanki 1900-1962)



In questi giorni di tuoni e tempesta ho scelto di leggere "Il grande libro degli haiku", appena uscito per Elliot, riedizione di quello Castelvecchi che nel 2005 aveva una copertina blu. Il volume, dalla stazza non esattamente tascabile, è un'antologia che mi sento di consigliare a chi, magari anche attraverso il mio blog, inizia ad apprezzare il grande mondo degli haiku.
L'introduzione, semplice e precisa, è della curatrice Irene Starace e offre un excursus veloce nella letteratura giapponese. Varia la scelta dei poeti e dei componimenti, le note sono puntuali e facilmente raggiungibili dal lettore. Per ogni haiku è dedicata un'intera pagina, scelta che all'inizio mi sembrava, lo ammetto, un po' troppo stilosa, ma che invece rende ben visibile quel senso di sospensione intrinseco nel componimento stesso. In effetti, solo in uno spazio più ampio può trovare respiro la grazia grafica degli ideogrammi e la loro trascrizione anche in italiano lascia intuire quel ritmo interno al verso, inafferrabile se non si conosce il giapponese. 






Insomma, un bel libro da consultare dove, insieme ai più famosi Bashō e Issa, trovano posto vari poeti contemporanei poco conosciuti esponenti di un'arte antica sempre capace - come già diceva Roland Barthes in un suo saggio meraviglioso - di rendere, proprio come una fotografia, la realtà a cui cosmicamente si riferiscono.
Alla domanda se possano esistere ancora poeti haijin, come lo furono Issa o Bashō, ai nostri giorni, la risposta è immediata e positiva se si leggono Kaneko Tōta o Kato Shusōn.
Gli haiku hanno irretito Jack Kerouac e Andrea Zanzotto, ne parlerò in un prossimo post, e continuano ad affascinare migliaia di persone in tutto il mondo che si cimentano nella loro struttura e costruzione, ne traggono ispirazione per musica, fotografia, video arte.

Di questi cristalli perfetti di tre versi, io catturo, col mio specchietto, uno dei tanti riflessi che mi colpiscono e lo dirigo sui vostri "bellissimi occhi" e voi, a vostra volta, lo riflettete in giro o di nuovo verso di me. 
Ecco cosa significa per me l'esperienza del Dailyhaiku.







     

 

lunedì 12 gennaio 2015

Mantello

Alla prima pioggia violenta
anche la scimmia vorrebbe
un mantellino di paglia
(Bashō 1644-1694)




Parigi. Un'aggregazione spontanea di un milione e più persone contro il terrorismo, una folla immensa collegata con tutti i media, gli haker di tutto il mondo uniti e solidali. 
Sfilano leader mondiali, gente comune, forze dell'ordine, Carla Bruni & Sarkozy. 
Il presidente nigeriano con la sua falsa partenza davanti al corteo, al centro Holland, al suo fianco svettava Ranya di Giordania, poi Cameron, Renzi in completo blu pavone, Merkel, alti rappresentanti del mondo arabo musulmano con "colleghi" del mondo ebraico che sfilano simbolicamente, e almeno per una volta, dalla stessa parte.
Alle spalle dei capi mondiali, una massa di persone comuni che, come un mantello lunghissimo e avvolgente, sembra proteggere le stesse istituzioni ancora sotto shock. 
Scatta all'unisono, e rimbalza sui social di tutto il mondo, la foto di questo inedito e storico quinto Stato che vede insieme, cosa unica, popolo e leader. 
Non si capisce bene chi protegga chi e forse non ci sarà neanche un progetto per un'Europa di tipo meno "bancario", ma ci si riscalda un po' nella raggelata Parigi.