è il colloquio.
Non lunga tra due golfi di clamore
va, tutta
case, la via;
ma l'apre d'un tratto uno squarcio
ove irrompono sparuti monelli
e forse il sole a primavera.
Adesso dentro lei par sempre sera.
Oltre anche
piú s'abbuia,
è cenere e fumo la via.
Ma i volti i volti non so dire:
ombra
piú ombra di fatica e d'ira.
A quella pena irride
uno scatto di tacchi
adolescenti,
l'improvviso sgolarsi d'un duetto
d'opera a un occorso
capannello.
E qui t'aspetto.
(Vittorio Sereni, Via Scarlatti, da "Gli strumenti umani")
Di una strada e di un
amore. Trascrivo in memoria di Enzo Mari e Lea Vergine la poesia con cui si apre
una delle più grandi, sconcertanti, raccolte poetiche del novecento dove l'umile
e aristocratico si confondono in un unico sentire poetico. Qui la fatica,
l'impotenza si riverberano nell' "essere" umano. E celebro, attraverso la
notizia della loro scomparsa, quel sentimento nascosto e vergognoso, il mio,
d'invidia. Per essersi aspettati e potersene andare insieme, sulla stessa strada
e nelle stesse ore.