sabato 15 maggio 2021

Ballata per Edoardo Sanguineti


Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.
Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.
Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.
Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.
Femmina penso, se penso l’umano
la mia compagna, ti prendo per mano.
(Ballata delle donne, di Edoardo Sanguineti)

Giuro. Stanotte ho sognato che Edoardo Sanguineti mi inviava un bigliettino colorato, una piccola opera d’arte che, dormendo, rimiravo tra le mani, un invito collage con due figurine allegre ritagliate. Nel sogno sapevo che erano i Sanguineti, marito e moglie, che mi invitavano alla festa del loro anniversario. Che bello, penso nel sogno, e siccome nel sogno si vola, in un baleno mi ritrovo in una casa piena di luce e finestre, gente che balla e scherza coi bicchieri in mano. Il poeta mi rivolge una battuta allegra e io rido. Poi non so come sia andata a finire quella serata meravigliosa senza mascherine, così piena di musica, nei sogni spesso va così, non si sa come vada a finire la faccenda, dove vada. E da dove venga. 
(Ho conosciuto personalmente il grande poeta col profilo a spicchio di luna. La sua voce è incastonata nel mio cervello, i suoi schiocchi, la lingua sul palato, e quelle parole precise come lame che facevano luccicare tutto quello che diceva.)
Mi sveglio e penso e rido di me: un sogno da curatrice di Fahrenheit. 
E da chi ama la vita.

                                                                (“Mikrokosmos”)

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