Immagino la foresta di
questo momento di mezzanotte:
altro è vivo
oltre la solitudine
dell’orologio
e questa pagina bianca
dove si muovono le mie dita.
Attraverso la finestra
non vedo stelle:
qualcosa più vicino
sebbene sia più
profonda entro l’oscurità
sta penetrando la
solitudine:
freddo, delicatamente
come la neve scura,
il naso di una volpe
tocca un ramoscello, una foglia;
due occhi servono un
movimento che adesso
e ancora adesso e
adesso e adesso
depone chiare tracce
sulla neve
tra gli alberi, e
cautamente un’ombra
storpia si trascina
tra ceppi e nell’incavo
di un corpo che ha
l’audacia di giungere
attraverso radure, un
occhio,
un verde fondo e
dilatato,
brillante e concentrato,
che se ne viene per i
fatti suoi
sino a che, con
improvviso acuto caldo puzzo di volpe
non penetri la buca
nera della testa.
Ancora senza stelle è
la finestra; batte l’orologio,
la pagina è tracciata.
La storia d'amore più distruttiva del novecento letterario nacque a una festa. Ted Hughes e Sylvia Plath si incontrarono a un party organizzato per il lancio di una rivista di poesia nel 1956. Google immagini ci restituisce le foto di quei giorni, sul video scorrono ritratti in bianco e nero sui cui poter zoomare. Il tintinnio dei bicchieri quasi si percepisce mentre li spio, il sorriso è quello di chi si sta innamorando. Ted è alto, naso e mento pronunciati, elegantissimo. Sylvia è adorante, gli occhi puntano l’obiettivo della macchina fotografica come a sfidare quello che verrà. Il sopracciglio alzato, i capelli domati da una fascia bianca, sorride. Sorridono sempre in queste foto. Sono belli e giovani, li immagino ballare occhi negli occhi sopra una gigantesca bomba a orologeria.
Quando registro i miei Gettoni di Poesia sono sempre un po' emozionata. Ho tante cose a cui badare,
pronunce da rispettare, date da non dimenticare. Per
Ted Hughes lo sono stata ancora di più, come se gli dovessi qualcosa, come se mi fosse più caro di altri poeti. Come se toccasse a me riscattarlo. Che presunzione.
(la pagina è tracciata) |
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