lunedì 19 giugno 2017

Aggiorno il mio post su "Rosetta" 

Tutto il giorno
senza dire una parola.
Il suono delle onde.
(Santōka 1882-1940)


"Signora, signoraaaa!" la sua vociona alle mie spalle, mentre traffico con il bauletto del motorino appena parcheggiato sotto casa. Sono le sette di sera, sono da poco uscita dalla redazione, sono stanca, ho pure le buste della spesa e il sole, nonostante tutto questo, sembra ancora altissimo.
"Signoraaa, che c'ha un eurooo?" 
Mi sto girando verso di lui, in testa ho ancora il casco.
"Beh, no..."  
Me lo sfilo, scuoto i capelli appiccicati per il caldo, alzo lo sguardo. E' un mio vicino, quello dall'aria buffa e con la voce tenorile. Un uomo un po' vecchio un po' no, camicia  a maniche corte su pantaloni giro-collo (salgono sempre più in alto quando si invecchia). E' alto. E' lui quello che ci diede il primo benvenuto appena arrivati a vivere lì. A modo suo, a gran voce, con una barzelletta di quelle con la domanda, ehi, voi, sapete il colmo per un panettiere? avere una figlia che si chiama rosetta! 
Una cosa così.
Ovviamente, è stato amore a prima vista e lo abbiamo soprannominato "signor Rosetta". 
Fino  a quel momento lo immaginavo nella sua casa, una magra pensione, arredi modesti, un figlio che magari lo va a trovare ogni tanto e, quando incontra qualcuno, due chiacchiere strampalate a gran voce. 
Sereno, anche nel suo caos mentale; non pensavo chiedesse l'elemosina. Ecco, questo non lo pensavo proprio.
"Signoraaa, avevo voglia di una cocaaaaa" stessi decibel, solo più rassegnati.
Il cappellino, di quelli anni sessanta, di tela rosata con le falde minuscole, si muove un po' sopra quella testa da proteggere. 
Alla parola "cocacola" non resisto. Poggio tutto per terra, casco e borse della spesa, e mi tuffo alla ricerca dell'euro. Qui non ci sono bambini da far mangiare, casa lontana o perdita del lavoro. E neanche un tavernello da svuotarsi in gola. Qui è tutto semplice. E' tutto molto semplice, come una battuta, come quella della rosetta. 
Oppure no. E' tutto molto, ma molto più complicato. 
Trovo la moneta sul fondo della borsa. 
"Ecco"
"Grazie signoraaa! Mi ha risolto un problema, eh!"
Ripongo il casco nel bauletto, raccatto le cose da terra, cerco le chiavi di casa e ancora:
"Signoraaaa! GRAZIEEE!!!" 
Un euro. Me lo ha chiesto, tutto qui. Un "problema" in meno sulla terra. Un "problema" risolto.

La mattina seguente, ancora mezzo addormentata, sento dalla finestra il clangore dell'automezzo addetto al recupero dell'immondizia e i mugugni degli addetti alla pulizia intenti nell'operazione di svuotaggio cassonetto. Su tutte, riconosco la voce, quella del signor Rosetta:
"Signoreee! Scusiiii, non vedeeee??? Le è caduta una cartaaaa!!!

.................

Una domenica pomeriggio di qualche settimana fa la sua voce irrompeva nel silenzio postprandiale. Rivolgendosi a un raro passante - mi sono catapultata alla finestra ma il suo interlocutore era già sparito - nell'aria calma, ancora riecheggiava la sua affermazione scaduta, così in ritardo e così apprensiva rispetto a un fatto avvenuto tanti mesi prima: signora, signora, lo sa che è morto Mago Zurlì?  

Sono passati alcuni giorni. 
Non l'abbiamo più visto in giro dopo quella volta recente, malinconica, quel pomeriggio in cui ci è passato accanto frenetico, in pigiama e ciabatte. Senza dire una parola a nessuno, il suo essere "lontano" che ci appariva prepotente e chiaro, la sua disperazione tutta lì davanti, sbattuta in faccia. 
Mauro ed io abbiamo continuato la nostra passeggiata, assorti.
Sono passati giorni senza segnali. Del nostro laro più nulla.   
Ma poi una frase di quelle allegre è nuovamente risuonata alle finestre, e come sempre rivolta a un passante.
"Signora, buongiorno, sa che sono stato a Conegliano? Conegliano con la "e"!"
E meno male signor Rosetta, bentornato! 
Evviva quella "e" fondamentale per non cadere nell'equivoco, perché mica c'erano i conigli, laggiù, a ConEgliano! Quello era ConIgliano, in caso...
Ma a lui il caso non interessa.

Il signor Rosetta che ha bisogno di controllare tutto il casino del mondo che lo circonda e noi che lo osserviamo da lontano e facciamo il tifo. 
Che cammini sempre veloce sul suo filo, pensiamo.  



(lucina sbagliata)

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