Del mare e della terra faremo pane,
coltiveremo a grano la terra e i pianeti,
il pane di ogni bocca,
di ogni uomo,
ogni giorno
arriverà perché andammo a seminarlo
e a produrlo non per un uomo
ma per tutti,
il pane, il pane
per tutti i popoli
e con esso ciò che ha
forma e sapore di pane
divideremo:
la terra,
la bellezza,
l’amore,
tutto questo ha sapore di pane.
di ogni uomo,
ogni giorno
arriverà perché andammo a seminarlo
e a produrlo non per un uomo
ma per tutti,
il pane, il pane
per tutti i popoli
e con esso ciò che ha
forma e sapore di pane
divideremo:
la terra,
la bellezza,
l’amore,
tutto questo ha sapore di pane.
("Ode al pane" di Pablo Neruda)
Un tempo lontano lontano, quando i nomi dei negozi del corso della mia città non ammiccavano a esotici bistrot, quando le fioriere con il bosso, potato a sfera, non erano alte come un cristiano, quando il bio non era un dio e quando le lavagnette le usavamo in classe e non per scriverci sopra "lo chef consiglia"...
Invece, entro in una storica pizzeria romana appena rinnovata.
Il putiferio estetico mi annienta. Pochi secondi e mi lancia dal quartiere Prati, dove siamo, a Dubai. O in Texas o a Parigi, o a Mosca, non importa.
Tra il lusco e il brusco - cordoli elettrici penzolano dal soffitto in cementite, spatolato, effetto nuvola - il sor Franco, vecchio proprietario, si aggira. Incespica? No. Tutto a posto. Sparisce tra fioriere luminose puntate su arazzi fono assorbenti, fortemente, fortemente, damascati, e dribbla i divanetti imbottiti. Con sguardo assente, spiana una piega invisibile sulla tovaglia di uno dei tavoli - trattamento legno shabby chic - per poi sparire di nuovo nel baluginio dei faretti.
Il sor Franco, vecchio leone della meglio quattro formaggi, sbatacchia pensoso nel perimetro della sua gabbia dorata, inaugurata da pochi giorni con un invito social d'ordinanza.
Locale di antica fede giallo rossa, quello del sor Franco, a proposito, dov'è finito il televisore per le partite?
E il quadro col pagliaccio triste e la veduta romana? E le foto di Proietti e Sabrina Salerno, quella vecchia di Alberto Lupo e di quella, come si chiamava quella che non mi ricordo, tutte firmate sul sorriso di Franco, il sor Franco più giovane, alcune avevano pure i cuori a pennarello sotto l'autografo...
Quanto pagherebbe, il sor Franco, per una comanda vecchio stile, quella da matita sull'orecchio, parannanza e blocchetto, invece di quel tablet luminoso collegato al corner-cassa...
"Vedo che avete cambiato qualcosa"
"Già... e mo' ce so i miei figli! Hanno preso il locale loro, io è meglio che me riposo. E poi c'ho mi' nuora che fa l'architetto..."
Poi risparisce, inghiottito dalle mangrovie del bosco verticale sulle pareti.
Ordiniamo, un giovane cameriere danza la sua macumba di birre artigianali intorno al nostro tavolo.
Ora capisco quel bagno di pietra lavica uguale a un tempio tibetano.
Serve per raccogliersi e pregare.
forma e sapore di pane
divideremo
(sicurezze) |
Nessun commento:
Posta un commento