e lo splendore del tempio
si riflettono nell'acqua
(Santōka 1882-1940)
L'Oscar più importante è stato per un attimo assegnato al film sbagliato.
A quelle nuvole fluttuanti (ukigumo), soggetto per la cultura giapponese più poetico che fisico di qualcosa in perenne cambiamento, dedico questo post.
Ho passato una bella serata al cinema.
Programmavano "Erbe fluttuanti", film muto del 1934 del maestro del cinema giapponese Yasujiro Ozu, colui che nacque lo stesso giorno in cui sarebbe morto, il 12 dicembre, e sulla sua stele funeraria fece incidere un ideogramma che significa "nulla" eppure, ancora oggi, nel tempo, ogni dettaglio, ogni sua inquadratura sembra riverberarsi negli occhi di chi guarda...
Gli anni trenta erano gli anni del mio amato Santōka, il periodo dei suoi cammini disperati e irrinunciabili per il Giappone. Le misere capanne, la pioggia battente, il sakè consumato a litri per tirarsi su dalle tristezze, l'elemento ironico anche nella povertà più cupa che Ozu rende con il continuo grattarsi per le pulci e inquadrature dal basso. Scene come haiku. I protagonisti, un gruppetto di attori girovaghi che non può fare a meno di andare, andare, andare. Proprio come Santōka.
Il vento, la pioggia, i petali e le foglie fluttuano sullo schermo e un'orchestra dal vivo suona per l'occasione. Fluttuare come stato d'animo e di natura, evanescente eppure così preciso, come un tratto di acquerello (avete mai provato a correggere una pennellata?)
Dopo il film, raggiungo per cena una coppia di amici che si è appena trasferita in una nuova casa. Altro quartiere, altra vita. Attraverso mezza Roma per raggiungerli, passando per strade dai nomi che parlano di acqua che sobbolle e antiche marane. La mia città è fluttuante come il Tevere che l'attraversa, i suoi quartieri multietnici sono diffusi, le luci sempre accese dei piccoli rivenditori di frutta aperti ventiquattrore al giorno le donano un baluginio crepitante e inafferrabile. I condomini sfilano uno dopo l'altro, altissimi, conservando antichi sogni di riscatto economico per nuovi inquilini che vengono da lontano. Fluttuanti.
La cena in una casa nuova: il nostro piccolo rito. Tutto è buono e disposto con cura sulla tavola. Ciotole di metallo e di porcellana, il vino e tanti colori. Ogni oggetto un pezzetto di vita, un viaggio.
Stanze che parlano di gusti e abitudini ora rinnovati, vecchi mobili che entrano perfettamente in quella nicchia, foto finalmente appese con la giusta luce, spazi scoperti per una nuova vita dentro nuovi volumi che sembravano aspettare qualcuno per essere colmati.
Pieni e vuoti, aria e luce. Una finestra su un piccolo giardino.
"D'estate sarà bellissimo".
(Albicocco a Roma Sud) |
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