Chiusi la porta. Tirai fuori la bottiglia di Cutty Sark che tenevo nascosta nell'armadietto, me ne versai un mezzo bicchiere e lo mandai giù in quattro sorsate. Poi appallottolai un pezzo di carta e lo lanciai nel cestino. Due punti. Lo recuperai e cominciai a esercitarmi al tiro al gancio. Avanzavo lentamente sul tappeto a passi ritmici, bilanciandomi con la mano destra fingendo di palleggiare scartando un avversario.
(Don DeLillo "Americana")
Chi mai sta giocando con la carta appallottolata? Di chi saranno quei passi attutiti dai tappeti? Le parole di DeLillo proiettano, nel mio cinema mentale, l'ombra del neo presidente Donald Trump.
Lo intravedo nella fuga di stanze, stucchi neoclassici che incorniciano specchi scintillanti e divani di velluto, gonfi di piume, su cui sembra non ci si sia mai seduto nessuno. Solo.
Vedo finestre antiproiettile ermeticamente chiuse e l'aria, che può circolare solo dai bocchettoni, oggi è calda e all'aroma vaniglia. Il rumore molesto dei dimostranti, le piazze e, per qualche ora, anche la Russia con Putin, sono lontani. Donne dai nomi di walchiria stanno riempiendo tutti gli armadi, la segreteria inesausta macina mail, la security controlla febbrilmente ogni angolo.
C'è un silenzio assoluto, pneumatico, la prima domenica sera alla Casa Bianca, se, il tintinnìo dei cubetti di ghiaccio nel bicchiere di cristallo, arriva fino a qui.
La campagna elettorale stenderebbe un bufalo ma non uno come lui. Si allenta la cravatta. Lo stomaco, pieno d'aria, preme dolente contro la cinta dei pantaloni.
Beve e brinda da solo, Donald Trump.
Il mondo è fuori quelle finestre, oltre quelle tende color pastello.
Ma non gli importa.
(Solitudini) |
Brava Susanna!potrebbe essere il primo di una bella serie di finestre letterarie aperte all'incontrario su questa Casa sempre Bianca ma che comincia a fare un po' paura...
RispondiElimina:-)
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