venerdì 22 maggio 2015

Tareke

Il suono delle onde 
ora distante ora vicino -
Quanto tempo mi resta da vivere?
(Santoka 1827-1940)




Ora di cena. Pollo arrosto e il solito leghista mediatico che dal collo della camicia bianca troppo stretta (ha fatto il cambio di stagione) fa uscire le vene gonfie di insofferenza. E peggio ancora i giornalisti che lo invitano, cercatori di share e consenso facile. Masticavo e deglutivo, stanca, telecomando troppo lontano.

Allora abbasso il volume mentalmente (la distrazione è uno dei miei superpoteri) e inizio a ripensare agli inferni dei migranti come quelli raccontati da Tareke Brhane che domani ascolterete in DANTE 7.5.0.. L'addio a sua madre che aveva potuto accompagnarlo poco più che bambino solo fino a un certo punto del viaggio dall'Eritrea da dove fuggivano. L'agognata e misteriosa Lampedusa. Le montagne troppo alte, la fame, la benzina per inumidirsi le labbra per la sete. E ripensavo alle parole semplici e pietose di Tareke sugli scafisti che "sono dei poveracci come noi". E alla sua voce che nell'intervista si incrina quando ricorda per me il terrore di una notte in mezzo al mare che credeva l'ultima. "Il suono delle onde".
E pensavo, sempre con il gracidio del grande statista in sottofondo, che ogni giorno nel mondo nasce un milione di persone e che l'Italia è uno sputacchio se allarghiamo lo sguardo fino all'India e la Cina, l'Africa. E a quel ragazzo che è stato accusato di far parte del commando Isis ma stava a scuola. A scuola.

Alzo gli occhi dal piatto, smetto di giocare con le posate e la pallina di pane, vedo ancora lui, leghista mediatico il cui nome mi fregio di non aver mai digitato sulla tastiera da dove vi scrivo, sbraitare livido, "chiudiamo i confini!".


(Ben pensanti reazionari e polverosi)










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