giovedì 18 luglio 2019

Su Camilleri


l'assenza svapora
e poi che non può avvelenare i serpenti
li gonfia di cose dolci
perché nascano nuovi fermenti
a lenire slabbrature e ferimenti
(Da "La tagliola del disamore" di Jolanda Insana)

Premetto, per chiarezza e correttezza con chi mi segue da tanto e con affetto, che non sono una camilleriana e che non scriverò di Camilleri scrittore. Ma non è questo il punto.
Camilleri parlava, soprattutto attraverso il Montalbano di una Sicilia immaginata e ricostruita nella lingua nel suo laboratorio di via Asiago, ai sognatori. E con la forza dei toni cupi del tabagista e le arrotazioni del vecchio parente meridionale - non lo abbiamo forse tutti un parente così, che un po' gli assomigliava - riusciva a farsi ascoltare da chi non sarebbe stato mai raggiunto da altri. Questo tipo di capacità non so se sia un merito o un dono, non so se si acquisisca con un corso, non credo. Il carisma è fatto di tante cose, evidenti e microscopiche, anche invisibili, che arrivano dentro e sembrano parlarti direttamente. Con Camilleri abbiamo avuto fortuna, il carisma spesso fa brutti scherzi.

(In ascolto)

mercoledì 17 luglio 2019

Guarda che luna


Radioso splendore
del sole sulle pietre
che landa desolata
(Yosa Buson 1715-1783)

Una claustrofobica navicella, omini col casco tipo boccia dei pesci rossi messa al rovescio, i movimenti rallentati. Per pranzo, barrette al sapore di pasta al sugo o di bistecca e le posate da acchiappare al volo, tutto levita in assenza di gravità. Fuori l'oblò, un fondale buio non molto rassicurante, scie luminose, pianeti lattiginosi, la "landa desolata" della luna con i suoi crateri, la terra azzurrina e la palla infuocata del sole. Sparso ovunque, e infinito, un luccichìo tipo quello della porporina. Da lassù il triangolone dell'Africa, le costellazioni in presa diretta, comete fluttuanti e caudate che non hanno mai tradito l'aspettativa bambina di ognuno, frutto di cartoni animati e di presepi.
E silenzio che si "sente".
Quella precisa sonorità di silenzio spaziale che ci è incomprensibile, inimmaginabile. 
Il padre di tutti i silenzi. 


(Cielo stellato)

sabato 13 luglio 2019

È solo un giorno che non va



E' solo un giorno che non va
nun te preoccupà
e poi t'accorgi che anche tu
tu nun ce pienze cchiù
("Un giorno che non va" di Pino Daniele)


Una volta, anni fa, quando ancora era vivo e riempiva gli stadi, andando verso il caffé vicino a dove tuttora lavoro, incontrai Pino Daniele. Nel mio ricordo cammina lento, tipo ralenty, i capelli lunghi, il riverbero di una giornata di sole sulla vetrina con le pastarelle, il vestito chiaro che vi si riflette. Un'apparizione, direte, classica apparizione del cantante alla groupie di turno. Sì, lo era, al suo passaggio, il cuore mi fece tonf come quando si incontra un vecchio amore, uno di quelli persi di vista da anni... Tonf, fece così. Ovviamente non lo avvicinai, mi tenni il tonf e mi diressi verso la mia redazione, solo alcuni uccellini cinguettanti che volavano intorno al mio casco, solo questo.
Pino Daniele torna nella mia vita in modo carsico, come stesse lì, sotteso alle mie vicende con quella voce da muezzin, in sordina o in primo piano a seconda dei momenti. Spesso accade d'estate, dentro una giornata di sole che si collega con chissà quale del mio passato o del mio passato solo immaginato, quello più denso di malinconia. In mezzo, tra me e quello che mi aspetta, ci sono le sue canzoni. 


(Nero a metà)

venerdì 12 luglio 2019

Sul rispondere ai messaggi


E se mi guardi davvero e poi mi vedi?
Io voglio che stravedi non che vedi!
(Patrizia Cavalli in "Datura")

No. Non voglio che stravedi per me ma almeno, autore affermato dall'aria scarmigliata attento a tutti, al migrante e al passante, e a tutto, capace di spenderti in editoriali lunghi e meditati, di mettere su parole su altre parole, almeno un "grazie" o un emotycon dopo un mio sms di cordiale vicinanza per l'uscita del tuo libro - maledetto uozzapp con il piccolo flag di avvenuta lettura - potevi digitarmelo.


(scrivania)



    

giovedì 11 luglio 2019

La scoperta di Mauro Zambuto


Volevo sognare il postino
con una lettera in mano
invece ho sognato il postino
senza una mano
(Vivian Lamarque)


Una poesia come uno slapstick, quel genere cinematografico comico dei primi del Novecento, geniale e immediata come una torta in faccia. Uno che vuole sognare per forza qualcuno, la mano che non c'è, il postino, uno scherzo poetico di poche righe che genera un sorriso e uno sbigottimento leggero. 
Che fosse stato Alberto Sordi a prestare la voce a Ollio, lo sappiamo. Ma che Stanlio fosse doppiato da un grande scienziato, il professor Mauro Zambuto, un fisico trasferitosi in America per la sua attività di ricerca, chi mai lo sapeva?
Vi offro questa intervista a questo misconosciuto geniale signore, un incontro prezioso che solo la rete, esplorata e non subíta, può regalare.