giovedì 11 luglio 2019

La scoperta di Mauro Zambuto


Volevo sognare il postino
con una lettera in mano
invece ho sognato il postino
senza una mano
(Vivian Lamarque)


Una poesia come uno slapstick, quel genere cinematografico comico dei primi del Novecento, geniale e immediata come una torta in faccia. Uno che vuole sognare per forza qualcuno, la mano che non c'è, il postino, uno scherzo poetico di poche righe che genera un sorriso e uno sbigottimento leggero. 
Che fosse stato Alberto Sordi a prestare la voce a Ollio, lo sappiamo. Ma che Stanlio fosse doppiato da un grande scienziato, il professor Mauro Zambuto, un fisico trasferitosi in America per la sua attività di ricerca, chi mai lo sapeva?
Vi offro questa intervista a questo misconosciuto geniale signore, un incontro prezioso che solo la rete, esplorata e non subíta, può regalare.  


sabato 29 giugno 2019

Spifferi e poesia


Lunedì 24 aprile
Se si dovessero rispettare le prescrizioni dei fondamentalisti dell'igiene orale, che impongono di lavarsi i denti ogniqualvolta si è masticato qualcosa, si finirebbe per dedicare più tempo alla pulizia dei denti che a mangiare.
(da Diario2000 di Valentino Zeichen)


Vitalismo e paradosso, malinconia e pessimismo abitavano quel bozzolo sulla via Flaminia.
"Lì abita Zeichen." L'ho sempre pensato quando passavo nei pressi della sua baracca. E lo penso ancora quando ci cápito, scesa dal tram, prima di immettermi nel flusso comprarolo dello struscio di via del Corso. Una cosa bella di ieri, giornata faticosa e afosa, dentro e fuori di me, è stato il refolo del secondo volume dei diari di Valentino Zeichen. Un anno di pensieri, di appuntamenti con amici e nemici nei ristoranti e nelle case precedono l'ultima sezione, dove viene ripubblicata l'illuminante raccolta su Roma "Ogni cosa a ogni cosa ha detto addio". In mezzo a pacchi e cartacce che imballavano nuove uscite, lo spiffero di Zeichen sulla mia scrivania.

(Ponentino Zeichen)









venerdì 28 giugno 2019

A Castelporziano


Come la spia rossa che
si accende sul cruscotto
e segnala al conducente,
che la benzina è alla fine,
così, anche il sentimento
che nutrivo per te
è ormai in riserva.
(Valentino Zeichen da Metafisica tascabile )



il 28, 29 e 30 giugno di quaranta anni fa si svolse il festival di Castelporziano, la Woodstock della poesia. 
Erano tutti andati sulla spiaggia di Ostia, il mare vicino Roma, non so se capivano bene a fare cosa, ma erano tutti lì: i poeti e un sacco di gente intorno, e il sole che tramontava. Castelporziano mi è rimasto qua, come si dice a Roma, quel mischione letterario e anarchico, quelle tre sere a cui non ho mai partecipato e che ho recuperato come ho potuto: immaginandolo. Alla mia soggettiva, quindi errata, ma bellissima proiezione mentale di quelle tre notti di poesia e bellicosità, di parole e pernacchie, di versi e parolacce, ho via via aggiunto dettagli reali pescandoli dalle teche rai, libri o vecchie testimoninze (il bellissimo film di Garrone, il video del 1994 caricato su You Tube da Simone Carella nel 1994 (clicca QUI) e anche questo spezzone trasmesso in FUORI ORARIO in una di quelle sue notti insonni e dolenti). E leggendone i resoconti, scoprendo spesso tardivamente quei poeti, avvicinando a me quelli che sento vicini e allontanando, per ora, gli altri (Per ora, lo ripeto. La letteratura è bella perché si può cambiare idea, avvicinarsi e allontanarsi. Ed è sempre meglio.) cerco soprattutto quella Roma lì che mi riappare, sempre più rarefatta, negli scampoli di questa dove sto. Sarà l'estate, l'afa e la malinconia di pomeriggi senza un refolo d'aria, ma mi capita spesso di tornare laggiù. La spiaggia affollata piena di persone incazzate perché arrivate con l'idea di un concerto gratis di Patty Smith che si sono ritrovate Zeichen e la Rosselli e molti altri che declamavano versi, i pantaloni rossi di Victor Cavallo, la blusa cinese della Maraini. E il coro di "ah stroooonzi" che invadeva la pedana di legno e l'aria salmastra di tutta quella gente che aspettava il concerto o almeno un mestolo di quel minestrone, pasto che sarebbe, forse, servito per placarla un po'.

(Gli "irati flutti")

giovedì 27 giugno 2019

Carola Rakete



Come se il mare separandosi
svelasse un altro mare,
questo un altro, ed i tre
solo il presagio fossero

d’un infinito di mari
non visitati da rive –
il mare stesso al mare fosse riva-
questo è l’eternità.
(Emily Dickinson)




Carola Rakete è con la sua nave nelle acque territoriali italiane e si dirige verso Lampedusa. 
La Capitana entra così nel libro della storia che stiamo scrivendo, solca l'altro mare con aria fiera, il vento nei bei capelli lunghi. Come un poeta lei vede dove nessuno guarda, come un poeta leva la sua voce forte rivolgendosi a ognuno di noi che siamo qui, sulla riva.

(una famiglia)



  

mercoledì 26 giugno 2019

Sulla libellula e sulla delicatezza


Una libellula 
sul cappello.
Cammino
(Santōka 1882 -1940)


Gli incontri, le opportunità, sono come le libellule che ogni tanto si poggiano sul cappello, non si dice forse "cogliere al volo" un'occasione? Succede tra umani, con l'innamoramento e l'amicizia, succede anche con gli incontri letterari e i libri. Santōka è stato la mia libellula sul cappello. Notarlo, approfondire la sua poetica e raccontare in "Haiku e Saké" una biografia così complicata e semplice insieme, mischiarla alla mia, proteggere la delicatezza dei suoi haiku traducendoli (dall'inglese!), ha significato per me, autrice disarmata ed entusiasta, provare a ricalcare quella levità. Gli haiku, in questi due anni dall'uscita del mio libro, e dai cinque del blog, mi hanno portato altre libellule sul cappello. Una fra queste è sicuramente l'incontro con Paolo Lagazzi, autore nascosto e prolifico, sua l'antologia di haiku classici giapponesi tradotti con padre Mario Riccò e pubblicata nel 1996 per la BUR. Fu il mio punto di partenza. In questo "Come libellule tra il vento e la quiete" appena uscito per edizioni La vita felice, racconta di Giappone attraverso un'inclinazione personale, originalissima e sorridente. Con i voli improvvisi di Lagazzi si arriva altrove, si parte e si ritorna anche alla nostra cultura, con nuove divagazioni su personaggi amati (da D'Annunzio a Bertolucci, dalla mamma che amava l'opera al maestro zen) fondamentali per la sua formazione umana e intellettuale. 
Lagazzi è un essere magico, francamente non so bene se esista o meno. Ha levità nella scrittura e nei modi, una capacità unica di sparire tra le righe che scrive, stemperando la sua conoscenza dentro un aneddoto o uno scherzetto. Divaga, danza, fa giochi di prestigio. E possiede il volo verticale delle libellule, quel movimento di sincronia assoluta che gli esperti definiscono il volo perfetto. Come loro è capace di volare all'indietro, con ali indipendenti che gli permettono giravolte e capriole anche in atmosfere rarefatte.
Leggiadro, vola quando parla dei suoi maestri, scompare e riappare dietro le loro spalle.
Quando mi sento pesante, ancorata a terra con le mie scarpe di piombo e la testa incassata, cerco di imparare dagli haijin a scuotermi, a cercare leggerezza. 
E aspetto che uno di loro mi si posi di nuovo sul cappello per continuare il viaggio.