mercoledì 12 novembre 2014

Parole

Come mangiando l'uva
una parola e ancora
un'altra parola.
(Nakamura Kusatao 1901-1983)




Ma che bella notizia! Un nuovo font inventato dal designer olandese Christian Boer aiuterà i dislessici a non confondere una lettera con l'altra (notizia qui). Pensando a un alfabeto visivamente più accessibile, l'inventore ha tenuto presente che, per chi soffre di questo disturbo, l'eleganza del segno grafico è un aspetto relativo rispetto alla riconoscibilità sugli altri segni. Quindi una zampetta più lunga qui, uno spazietto là, una curvetta più pronunciata...
Un alfabeto accessibile in ogni senso: si può scaricare il download "Dyslexie" gratuitamente e senza subdoli fini commerciali!
A me sembra bellissimo che tutti possano mangiare chicchi d'uva uno dopo l'altro condividendone il piacere!


("Hakanaï" in giapponese significa "fragilità" ed è anche il titolo di questa performance di Adrian M/Claire B)

Ho assistito alla performance "Hakanaï" nell'ambito degli spettacoli della Fondazione Romaeuropa Festival un paio di settimane fa a Roma. 
Immaginatevi di entrare dentro una scatola, molto simile a un cervello, e riuscire a individuare visivamente scariche elettriche e impulsi sonori tradotti nelle lettere e nei grafemi proiettati sulle pareti (come nella foto che ho fatto). Ipnotizzati dai movimenti di una danzatrice anche noi spettatori fluttuavamo in quella scatola luminosa dove i suoni ricordavano bit elettronici molto simili a quelli di un elettroencefalogramma sonoro. 
In quale realtà vibravamo? Era una realtà "reale" o virtuale? 

Un suggestivo incontro tra materiale e immateriale che mi ha riportato con il pensiero a questa bella scoperta di oggi volta a "tradurre", in modo più semplificato per i dislessici, l'idea del mondo.

martedì 11 novembre 2014

Aceri rossi

Rinuncia al mondo
il villaggio dei miei cari -
i suoi aceri rossi!
(Yosa Buson 1716-1784)



Oggi dedico lo haiku a Roberto Saviano e a chi, come lui, ha dovuto "rinunciare al mondo" in nome della lotta al sistema. E penso a tutti coloro che, scegliendo la strada della giustizia e della legalità, vivono nell'angoscia, lontani da tutto, guardano impotenti la loro vita stravolta, le amicizie cambiate, le scelte segnate, gli amori finiti. Uomini e donne a cui  dobbiamo sempre attenzione e luce.

Ieri i boss dei casalesi, che Saviano ci ha fatti ben conoscere, Iovine e Bidognetti, accusati di avere minacciato lui e Rosaria Capacchione, sono stati assolti per non avere commesso il fatto (notizia qui)La condanna riguarda esclusivamente il loro avvocato. 

Il mio pensiero va alla sentenza Cucchi di qualche giorno fa che sembra dire che il ragazzo fece tutto da solo.


(Foto che ho fatto durante un Fahrenheit di un paio di anni fa. Negli occhi di Saviano "aceri rossi")





lunedì 10 novembre 2014

Candele

Sera di primavera
la fiamma passa
di lume in lume
(Yosa Buson 1716-1784)



È stata proprio una bella "sera di primavera" quella di sabato scorso in piazza a Roma! 

Dopo un tam tam su FB e TW ci siamo ritrovati da una piazza virtuale alla reale Piazza Indipendenza e, tutti insieme, sabato alle sei del pomeriggio, abbiamo acceso tante candele in memoria di Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva, Riccardo Rassman e moltissimi altri.
Mi guardavo intorno. Eccola qui la "società civile", pensavo. Incrociavo sguardi liberi, dritti e caldi. C'erano bambini minuscoli che giocavano con le fiammelle, anziani, ragazzi dei centri sociali con i dreadlocks d'ordinanza, giovani seri dall'aria scout. Tutti sono arrivati in piazza con un ideale comune: che la polizia tratti le persone, sempre e comunque, con rispetto.


Sotto le finestre del CSM, a due passi dalla Stazione Termini, ricovero e incrocio di emarginati e quindi cittadini di serie B, in una piazza che si chiama "Indipendenza", abbiamo ascoltato le parole dei familiari partecipando a qualcosa di simile a una messa laica. Uniti, silenziosi e commossi. Le candele, la musica sommessa di un gruppo di fiati, il raccoglimento in mezzo al caos di Roma.

E poi ci siamo salutati, con la speranza che la fiamma passi "di lume in lume"! 







venerdì 7 novembre 2014

Pioggia e gatti blu

Sta piovendo -
un gatto infangato
sonnecchia sul sutra
(Natsume Sōseki 1867-1916)






Piove a dirotto anche nello haiku di oggi.
Con tre versi appaiono mondi: la stagione, qui attraverso il kigo della pioggia, il calore di un momento buffo che volutamente stride con la solennità del sutra. Il ribaltamento di senso, dato dal kireji finale.
Natsume Sōseki è stato lo scrittore che, con "Guanciale d'erba" edito da Neri Pozza, tempo fa mi ha aperto la porta sulla letteratura giapponese. Uscito nel 1906, anticipando di una dozzina di anni "La passeggiata" di Robert Walser, anche il passeggiatore di Sōseki ci guida lungo un cammino di conoscenza e introspezione popolato da incontri casuali e formativi. Ragionamento sul senso dell'arte, è anche una metafora della conoscenza in un'atmosfera di sospensione atemporale puramente giapponese.


Andando in giro in motorino per Roma, e sempre proposito di inizi, notandola tappezzata di manifesti che pubblicizzano il film "Doraemon", non posso non individuare proprio in questo cartone il mio primissimo e inconsapevole accesso al Giappone.
Sì, avete capito bene. Andavo pazza per Doraemon!
E' stato proprio il gatto spaziale con la sacca magica a introdurmi nelle case e nelle abitudini quotidiane giapponesi, ad abituarmi a quei "suoni" strani. A insegnarmi il significato di parole come bento, dorayaki, tatami e futon. Pupazzi che si sedevano a tavola senza le sedie, indossavano kimono e mi raccontavano storie di amore per la natura e per gli altri, valori semplici, e semplificati dalla sceneggiatura per ragazzini, come l'integrità morale, il coraggio e il rispetto. Ambienti domestici dove si intravedeva il piccolo altare casalingo, che ora so essere il tokonoma, dove i fiori erano disposti geometricamente e il tè servito con tutte le cure.
Mentre sgranocchiavo serafica la merenda davanti alla televisione, sui giornali degli anni ottanta sociologi, pedagoghi e psicologi si arrovellavano sulla potenziale nocività dei cartoni giapponesi in tv. Alabarde spaziali, accigliati mazinga, orfanelle dalle lacrime luccicanti, gatti spaziali eccetera eccetera, in effetti avevano spazzato via i vecchi Disney.

In rete su Doraemon si trova di tutto. Tra le tante notizie: un lottatore di sumo, che per i giapponesi è quello che il calcio significa per noi se escludiamo feriti e teppismo, ha scelto come soprannome Doraemon. O che il termine doraemon è entrato comunemente a significare qualcosa capace di soddisfare tutti i desideri. O ancora che il cartone ha finito di esistere con la morte del suo ideatore (ma questo film, allora?) e che il gatto blu è una sorta di santo patrono degli otaku, ovvero degli appassionati ossessivi di manga, anime e cultura pop giapponese. 

In un certo senso, il Giappone produce, serializza, "diventa" i suoi personaggi. Se hai la possibilità di attraversare le strade di Tokyo, o di città meno sfavillanti, non puoi non notare anche un aspetto ludico. La moda, i gesti, i cartelli, gli avvisi in giro, i sorrisi dolci o trepidanti. I bambini in divisa, le ragazze con le minigonne, il gusto en travesti: tutto un mondo in versione gadgets.  Lo stesso "spegnersi" sulla metropolitana dopo una giornata lunga di lavoro per "accendersi" alla fermata giusta, sembra uscito da una storia manga. Come la fissa per il karaoke o il pachinko. Come il parco dove convivono un antico tempio dorato e steccati di plastica che imita il legno. Dove i grandi magazzini prevedono tutte, ma proprio tutte, le esigenze dei clienti, i water sono musicali e fasulle stelle cadenti, proiettate su un mega schermo, permettono comunque di esprimere un vero desiderio. 

Ripongo al volo l'iphone con cui ho fatto la foto nella mia "tasca spaziale", rimetto in moto e canticchio la sigla di Doraemon pensando a Sōseki, nonostante la pioggia che batte sul parabrezza.











giovedì 6 novembre 2014

Obama

Basso sopra i binari
il volo dell'anatra selvatica
Notte di luna.
(Issa 1763-1827)



"Yes we can!"
Ci avevamo creduto. Era il nostro sogno americano (qui) E ora me la chiamano la stagione dell'anatra zoppa e il suo volo, nei prossimi due anni, può essere solo "basso". Noi parliamo delle nostre istituzioni, criticandone cavilli e bizantinismi, ma anche in America non scherzano...


(Fast food e notte di luna a Villa Borghese.)