venerdì 7 novembre 2014

Pioggia e gatti blu

Sta piovendo -
un gatto infangato
sonnecchia sul sutra
(Natsume Sōseki 1867-1916)






Piove a dirotto anche nello haiku di oggi.
Con tre versi appaiono mondi: la stagione, qui attraverso il kigo della pioggia, il calore di un momento buffo che volutamente stride con la solennità del sutra. Il ribaltamento di senso, dato dal kireji finale.
Natsume Sōseki è stato lo scrittore che, con "Guanciale d'erba" edito da Neri Pozza, tempo fa mi ha aperto la porta sulla letteratura giapponese. Uscito nel 1906, anticipando di una dozzina di anni "La passeggiata" di Robert Walser, anche il passeggiatore di Sōseki ci guida lungo un cammino di conoscenza e introspezione popolato da incontri casuali e formativi. Ragionamento sul senso dell'arte, è anche una metafora della conoscenza in un'atmosfera di sospensione atemporale puramente giapponese.


Andando in giro in motorino per Roma, e sempre proposito di inizi, notandola tappezzata di manifesti che pubblicizzano il film "Doraemon", non posso non individuare proprio in questo cartone il mio primissimo e inconsapevole accesso al Giappone.
Sì, avete capito bene. Andavo pazza per Doraemon!
E' stato proprio il gatto spaziale con la sacca magica a introdurmi nelle case e nelle abitudini quotidiane giapponesi, ad abituarmi a quei "suoni" strani. A insegnarmi il significato di parole come bento, dorayaki, tatami e futon. Pupazzi che si sedevano a tavola senza le sedie, indossavano kimono e mi raccontavano storie di amore per la natura e per gli altri, valori semplici, e semplificati dalla sceneggiatura per ragazzini, come l'integrità morale, il coraggio e il rispetto. Ambienti domestici dove si intravedeva il piccolo altare casalingo, che ora so essere il tokonoma, dove i fiori erano disposti geometricamente e il tè servito con tutte le cure.
Mentre sgranocchiavo serafica la merenda davanti alla televisione, sui giornali degli anni ottanta sociologi, pedagoghi e psicologi si arrovellavano sulla potenziale nocività dei cartoni giapponesi in tv. Alabarde spaziali, accigliati mazinga, orfanelle dalle lacrime luccicanti, gatti spaziali eccetera eccetera, in effetti avevano spazzato via i vecchi Disney.

In rete su Doraemon si trova di tutto. Tra le tante notizie: un lottatore di sumo, che per i giapponesi è quello che il calcio significa per noi se escludiamo feriti e teppismo, ha scelto come soprannome Doraemon. O che il termine doraemon è entrato comunemente a significare qualcosa capace di soddisfare tutti i desideri. O ancora che il cartone ha finito di esistere con la morte del suo ideatore (ma questo film, allora?) e che il gatto blu è una sorta di santo patrono degli otaku, ovvero degli appassionati ossessivi di manga, anime e cultura pop giapponese. 

In un certo senso, il Giappone produce, serializza, "diventa" i suoi personaggi. Se hai la possibilità di attraversare le strade di Tokyo, o di città meno sfavillanti, non puoi non notare anche un aspetto ludico. La moda, i gesti, i cartelli, gli avvisi in giro, i sorrisi dolci o trepidanti. I bambini in divisa, le ragazze con le minigonne, il gusto en travesti: tutto un mondo in versione gadgets.  Lo stesso "spegnersi" sulla metropolitana dopo una giornata lunga di lavoro per "accendersi" alla fermata giusta, sembra uscito da una storia manga. Come la fissa per il karaoke o il pachinko. Come il parco dove convivono un antico tempio dorato e steccati di plastica che imita il legno. Dove i grandi magazzini prevedono tutte, ma proprio tutte, le esigenze dei clienti, i water sono musicali e fasulle stelle cadenti, proiettate su un mega schermo, permettono comunque di esprimere un vero desiderio. 

Ripongo al volo l'iphone con cui ho fatto la foto nella mia "tasca spaziale", rimetto in moto e canticchio la sigla di Doraemon pensando a Sōseki, nonostante la pioggia che batte sul parabrezza.











giovedì 6 novembre 2014

Obama

Basso sopra i binari
il volo dell'anatra selvatica
Notte di luna.
(Issa 1763-1827)



"Yes we can!"
Ci avevamo creduto. Era il nostro sogno americano (qui) E ora me la chiamano la stagione dell'anatra zoppa e il suo volo, nei prossimi due anni, può essere solo "basso". Noi parliamo delle nostre istituzioni, criticandone cavilli e bizantinismi, ma anche in America non scherzano...


(Fast food e notte di luna a Villa Borghese.)







mercoledì 5 novembre 2014

Camelia

Una camelia
cadendo ha traboccato
l'acqua racchiusa
(Matsuo Bashō 1644-1694)




Nel Giappone di Bashō la camelia simboleggia l'amore e la vita spezzati. 

Pensando a Brittany Maynard e al suo grande amore per la vita. E alla sua battaglia personale e civile che, traboccata dai social, megafono dei tempi, tracima fuori nonostante tutto. Inonda e sommerge lo sciocchezzaio dei tuttologi, chiusure religiose, certezze ideologiche. Non vi linko le ultime notizie, esternazioni o prese di posizione sulla sua vicenda. Non mi va. Se volete, un vecchio post QUI.


(vita degna)





martedì 4 novembre 2014

Oche

L'ombra caduta sul mare:
i gridi delle oche selvatiche
deboli e stanchi
(Matsuo Bashō 1644-1694)



Leggo del crollo in Borsa del titolo Moncler dopo il servizio di Report di Rai3 di domenica sera (video qui).
Tutte quelle oche - delocalizzate? - maltrattate per imbottire piumini, spiumate vive tre o quattro volte durante l'arco della loro esistenza, quei lugubri lavoranti ungheresi che le "tosavano" velocemente a trenta centesimi al capo in condizioni che ricordavano una favola nera dei fratelli Grimm - pensate al baccano, all'odore, alla fatica, ai maltrattamenti umani e animali - hanno fatto precipitare le azioni del marchio e contribuito a farmi guardare in cagnesco il mio piumone che avevo appena tirato giù dall'armadio.
Che la batosta economica serva a tutelare uomini e oche! 
Aggiungo che ancora più orrore mi fa il pâté de foie gras francese ottenuto ingozzandole forzatamente per ottenerne in quantità industriale e low cost. Non sono vegetariana ma me ne chiedo il senso. 
Chiamiamolo "Mousse di Fegato Cirrotico" e non lo comprerebbe più nessuno. 


(Oche mantovane travestite per sopravvivere.)


lunedì 3 novembre 2014

Farfalla a Pioltello

Sulla grande campana
posata a dormire
ah! la farfalla
(Yosa Buson 1716-1784)




Quanto mi piacerebbe essere una farfalla e volare in una scuola qualsiasi di Pioltello, piccolo comune in provincia di Milano con la più alta concentrazione di bimbi stranieri nelle scuole, dove oltre il 30 % sono figli di migranti.
Svolazzare tra i corridoi quando suona la campanella della ricreazione, ascoltarli quando interrogati. Vederli studiare, litigare e fare pace. O posarmi su capelli liscissimi, crespi, infiocchettati o a spazzola, per planare su merende colorate.  

In Italia uno studente su dieci ha genitori immigrati che arrivano da Romania, Albania, Marocco, Cina, Filippine, Moldavia, India, Ucraina e Perù (notizia qui e qui). .
La lotta contro il razzismo parte dai banchi di scuola e quella per l'integrazione da iniziative illuminate come quella promossa dalle Biblioteche di Roma che offrono una serie di corsi d'italiano e laboratori gratuiti per adulti (info qui).   

Cosa succede di bello nelle vostre città su questo tema?
Condividiamo? 



(Bucuresti mercato di Obor. Biscuiti rumeni buonissimi. Sarati (cracker) nuca (quadrati) e con ovaz (farina d'avena). Vuoi?)