lunedì 19 ottobre 2015

Inside Out. Il Film.

Quando le guance gelano
il bimbo torna a casa
e la cena è pronta
(Shiki 1867-1902)



Di solito salto a piè pari le recensioni cinematografiche. Ho le idee chiare, sono i miei saldi pregiudizi che mi fanno scartare o scegliere un film, seguire il lavoro di questo o di quel regista.
Ma sull'ultimo cartone Inside Out  circola un tale corale entusiasmo che non ho potuto non leggiucchiare i vari osanna qua e là (clicca). E ho deciso che sì, poteva fare il caso mio, e che avrei potuto risolvere un sabato pomeriggio in compagnia di Marti, la mia nipotina undicenne.
Popcorn di ordinanza, baci di felicità improvvisa al primo fotogramma e infine, entrambe, "dentro" il film.

Marti sembrava "presa"; osservavo la sua espressione, tipica di tutti i bambini al cinema, che definirei tra l'estasi e l'abbiocco. 
In suo onore mi ero messa su una faccia di partecipazione massima (anche come mimica) tutta risatine, ammiccamenti e molti gomitini. 
I personaggi della Pixar che sfilavano sullo schermo potevano solo essere fieri di me.
Ma finito il film, decantati suoni e colori e salite in macchina, vedo Marti più in preda a "Tristezza" che a "Gioia". (Per chi ha visto il film è facile capire, per chi non l'ha visto "Tristezza" è una delle cinque emozioni personificate) 
Anzi no. Non di "Tristezza", Marti era più preda di "Malinconia", che nel film non c'era, ma in quel nostro momento di vita vera c'era sì, eccome.  
"Ti è piaciuto?" le chiedo, con la mia faccetta regalatami direttamente da "Apprensione" (altro personaggio scartato ai provini).
"Così così" risponde guardando all'insù.
La osservo. Una testona di capelli, le unghie delle mani con lo smalto nero mangiucchiato, i leggings infilati nelle scarpe preferite. 
Mi sembra guidata da "Cautela" che con "Pazienza", "Saggezza" e "Fattelapassare" sono le emozioni tipiche di un bambino figlio di genitori separati. Anche "Cautela", "Pazienza", "Saggezza" e "Fattelapassare" non sono state scritturate dalla Pixar.  
Marti conosce bene la sensazione di non voler dispiacere e non creare casini mai e a nessuno, Marti è per cercare una qualsiasi via d'uscita che non dispiaccia ad anima viva. 
Il film a Marti era piaciuto solo "così così".
E come mai?

Forse perché "Inside Out" non tiene conto del pubblico che in maggioranza è fatto di bambini figli di separati, ad esempio. Di bambini che conoscono "Gioia" anche se vivono solo con una mamma che si smazza la quotidianità o solo con un papà che si arrabatta. 
Un film che non considera chi la conosce benissimo (sempre "Gioia") anche se figlio di coppie omosessuali, o vive con un genitore vedovo, o con i nonni. O che ne so. 

Ma un'idea un po' più contemporanea quelli della Pixar non potevano pensarsela? 

Bastava una piccola allusione di felicità possibile altrove e non solo in seno alla famiglia classica. 
Bastava un personaggio, anche secondario. Un appiglio gommoso e simpatico, sbrilluccicante come tutti gli altri, a cui appendersi per dondolare un po'. Un cena pronta preparata anche da un nuovo papà, poteva starci in questo benedetto "Inside Out"!

E così anche in questa favola, ambientata pure a San Francisco - che beffa! -, la famiglia è quella del nostrano, vecchio, cigolante mulinobianco. I conti tornano, l'orologio è sempre a cucù, il papà guarda la partita e mami bacia papi tirando su il piedino mentre cucina una cosa buonissima.

Metto in moto. Marti ed io mettiamo su la stessa faccetta all'unisono: "Famepazza". 
Sarà la zia a preparare la cena stasera. Alla faccia delle faccette!


(Happy end!)

   
     

2 commenti:

  1. Estremamente vero e toccante quello che racconti. Purtroppo nessun film di animazione (anche di assoluta qualità) si è mai preoccupato di rivolgersi a tutte queste differenze a portata di mano e di storie "altre". Ed è grave. Rimane a mio avviso, comunque un film di grandissimo livello cinematografico, sia nella rappresentazione estetica che nella rappresentablità semplice e complessa di processi poco indagati e frequentati con così tanta cura nella sceneggiature in giro per la settima arte. La nascita della malinconia nella pubertà, delineata con tale grazia e lucidità (disgusto, rabbia e paura, in assenza di gioia e tristezza, in attesa di una malinconia da comporre sono quelle emozioni che di sicuro caratterizzano - improvvisamente - nuovi squilibri emotivi, proprio negli adolescenti) è da "nova" letteratura, perlomeno nel cinema (non solo d' animazione). E, secondo il mio modesto parere, è comunque apprezzabile, più di tanti manuali di esperti e di incontri stereotipati tra esperti e famiglie (vecchie e nuove) che il cinema d' animazione metta a disposizione tale chiave per parlare di empatia, di mondi che crollano all' improvviso, di solitudine di grandi e piccoli, di amici immaginari che vivono finchè servono, di gioia che diventa più profonda se comprende la tristezza, in questo' epoca di ottimismo forzato, folle, inquietante e violento. E che, genitori " tradizionali" - di fronte alle inquietudini della figlia, ammettano il loro dolere dicendo " anche a me manca tutto quello per cui anche tu stai soffrendo"... non è poco. E tutto questo, confrontato con l' ottanta per cento degli script delle commedie americane, giganteggia.

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  2. grazie! Giuste considerazioni che condivido. Ma rimango dell'idea che spesso ci si "appoggi" al passaparola perdendo un pochino di analisi critica. Ripeto, nel film quello che analizzi e ci riporti lo riscontro anche io...ma meno un bambino figlio di separati o che viva in una casa famiglia, ad esempio.
    So di classi che hanno acquistato i biglietti, quanti bambini trovano a casa "quei" genitori? Ricordi Mary Poppins o gli Aristogatti? Famiglie meno tradizionaliste di quella di "Inside Out". Solo questo. Ciao!

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