venerdì 9 agosto 2019

La casa di un attimo


Il sogno segreto
dei corvi di Orvieto
è mettere a morte
i corvi di Orte.


Mi capita ogni volta quando, dal treno, vedo Orvieto. E' un attimo, anzi, con l'alta velocità, anche meno. Un battito di ciglia. Orvieto. E ho una bella casa di campagna, di quelle con l'orto e la distesa di girasoli, le tende che si gonfiano per il vento d'estate alle finestre. Le mura della mia casa-di-un-attimo sono belle spesse, è una casa vecchia, quindi molto fresca, forse era dei miei nonni, sul retro ha un orto e la quercia. La sera ci si mangia sotto l'albero, basta apparecchiare la tavola. Qualche olivo intorno. Sì, sì. E l'olio o il vino, da regalare a qualcuno che passa da me. 
Nella casa-di-un-attimo, lo vedo ogni volta anche dal treno, sopra una mensola, c'è un vaso di fiori freschi, rose campagnole in grappoletti. Il vaso è di vetro blu. Nell'armadio vestiti leggeri, o belli caldi per quando il caminetto-di-un-attimo sarà acceso. 
Dura un attimo la mia casa-di-un-attimo, il tempo di scorgerla da un treno in corsa, il tempo di una poesia di Scialoja.   
Un attimo di pura felicità.

(dal treno)

giovedì 8 agosto 2019

Oggi sarebbe stato il compleanno di Pierluigi Cappello


Il sole splende sulla colonna ferma del semaforo,
rimbalza da lunotto a lunotto, i riflessi abbagliano,
le macchine ronfano calme.
Scopre sorrisi, oltre il finestrino, l'allegria
imposta dalle insegne, dei cartelloni.
Tanto simile, tanto adeguata, ai disegni dei lungodegenti
esposti negli ospizi.
Si va tutti insieme, lungo il rettilineo, si è tutti insieme fermi,
tutti insieme soli.
("Sosta" di Pierluigi Cappello)


È un poeta bravissimo, mi disse un giorno Mauro, non puoi non leggerlo. 
Ho seguito il suo consiglio. 
Ieri, saputa la notizia della sua morte da un caro amico, comunicandomela sentivo che aggiungeva tra sé "un poeta dolcissimo".
Nonostante la sua vita non avesse nulla di dolce, pensavo. Nonostante non fosse ricco o famoso. Nonostante nonostante e nonostante, pensavo stringendo il braccio di Mauro, era così: Cappello era un poeta dolcissimo. 
L'intervista alla radio, ma qualsiasi cosa facesse, era per lui uno sforzo inane per l'assetto che da anni e anni non gli permetteva il volo, che lo costringeva a schiacciarsi ogni giorno un po' di più

Si va tutti insieme, lungo il rettilineo, si è tutti insieme fermi,
tutti insieme soli.

Lo ricordo un fico, bello e forte. Come in questa foto che ho scattato al festival di Mantova tre anni fa, dove pare pronto a partire con foga verso l'alto, sopra di noi, la carrozzina che neanche si vede. Sguardo fiero, zero smancerie, energia. Anche un po' di distacco dagli altri.
La poesia che ho trascritto per questo ricordo è dolcissima, è così vero, e la traggo dalla raccolta "Stato di quiete" che, con "Assetto di volo", è tra le mie più care. 
Quando muore un poeta è tutto più brutto, è come se la patina grigia sulle cose fosse più resistente da grattare via.
Oggi ci sentiamo più fermi e più soli. 
Ciao.




(RIP)








martedì 6 agosto 2019

Divieto di balneazione


Calmo, limpido il mare
che prende e dà memoria
e a te darà sopra tutto salute.

Il cielo in qualche zona
ha l’azzurro nutrito dal ferro
delle ortensie sul Ceneri.

“Vieni”, dici, “fa’ il morto,
è così facile”. A me …
che appena il vivo so fare.
("Quadernetto del Bagno Sirena" di Giorgio Orelli)


Un tempo era il governo balneare, l'esecutivo nato per finire subito, veniva detto anche "di transizione" e durava il tempo di una pausa estiva.
Adesso dura di più - come per gli anni dei cani, a causa della sua sovraesposizione social, un solo giorno sembra un anno - ma il mare c'entra sempre. E si fa allo stabilimento pop, ballando e facendo selfie - ah, quelle unghie rapaci arancio della tipa di turno, ghermiscono il telefonino dalla cover in tinta e lei, ebbra di di godimento -, o al porto. Chiuso.

(vita da spiaggia)


domenica 4 agosto 2019

Estate romana


A immaginare una vita ce ne vuole un’altra
già pronta a disperdersi
già pronta a non
restituirsi niente a dimenticarsi anche le
parole.
Sembra di scherzare a notte fonda e solitaria
sembra di avere un’età distinta da qualcos'altro
uno stormo che gira attorno gridando
un profumo impreciso di carne bruciata
o un testamento o una casa da acquistare
non so dove (...)
(da "Ecchime" di Victor Cavallo)


Per me l'estate a Roma è come un vecchio film di Carlo Verdone. E' respirare la stessa atmosfera ogni anno, a dispetto di nuove giunte comunali e di gelaterie hipster, la stessa atmosfera da film vecchio.
Un sacco bello è stato girato d'estate. L'aria calda, il sudore, lo zoo deserto, il romano alla Brega (so' communista così), l'ovatta nei pantaloni. Marisol.  
Ci vedo la malinconia che amo di più, quella del sorriso triste, quella di un pezzetto di cuore spezzato ma non proprio del tutto, quella di "Pranzo di Ferragosto" di Di Gregorio o di "Estate romana" di Garrone.

A immaginare una vita ce ne vuole un’altra
già pronta a disperdersi
già pronta a non
restituirsi niente a dimenticarsi anche le
parole.

Sono film mezzi vecchi,  visti e rivisti.  
Un sacco bello quando uscì, nel 1980 mi piacque moltissimo. Verdone già lo conoscevo. L'ho scoperto in un piccolo teatro romano due anni prima grazie a mio padre. L'avrò ringraziato per avermici portata quella volta? Tutte quelle risate che mi facevo anche io, e che erano uguali a quelle dei grandi anche se avevo dodici anni, caspita, che serata, io e mio padre!, avrei dovuto ridirglielo, l'avrò fatto?
Al cinema, invece, sono quella seduta tra mia nonna e la vecchia signora  vestita di viola che chiamavamo zia per comodità ma che non lo era affatto. Una parente lontana, un po' tirchia si diceva ridendo, a casa. Io sono quella con la fossetta e i rayban gialli, la ragazzina con la maglietta Fruit of The Loom e la tolfa a tracolla. 
All'uscita del cinema - la silhouette di Charlot che si muoveva in una vetrina accanto alla biglietteria del Roxi era per me un'indimenticabile malìa - le due se la litigano di brutto.
Mia nonna, labbra serrate e occhi al cielo, tenta di convincere l'altra che è proprio lui, è quel Carlo Verdone a fare tutti i ruoli non erano mica attori diversi come invece sosteneva caparbiamente la zia. 
Io taccio, come sempre quando i grandi discutevano, ero totalmente d'accordo con mia nonna ma taccio, le faccio solo una faccetta d'intesa. 
E poi rituffo la mano negli ultimi pop corn, in pace con l'universo.


(estate romana)












sabato 3 agosto 2019

Agosto


Cantano le cicale
sulle pere avvolte
in buste di carta
(Issa 1763-1827)

Agosto, notti di stelle e giorni di cicale. È quando lontano e vicino si confondono, quando il freddo siderale sfiora il caldo quaggiù.
I monaci zen con il kigo estivo della cicala si sono sbizzarriti regalandoci haiku come questo, che molto ha del quadretto impressionista. Più modestamente ho anche io la mia esperienza mistica: ascoltare le cicale che attaccano all'unisono, un coro e poi un assolo, il crescendo e il repentino silenzio per poi ricominciare. Una meditazione sciuè sciuè in grado di connettermi direttamente con il cosmo, che mi fa sentire viva. E che mi connette con chi non è più.


(Cicala estiva)