sabato 13 luglio 2019

È solo un giorno che non va



E' solo un giorno che non va
nun te preoccupà
e poi t'accorgi che anche tu
tu nun ce pienze cchiù
("Un giorno che non va" di Pino Daniele)


Una volta, anni fa, quando ancora era vivo e riempiva gli stadi, andando verso il caffé vicino a dove tuttora lavoro, incontrai Pino Daniele. Nel mio ricordo cammina lento, tipo ralenty, i capelli lunghi, il riverbero di una giornata di sole sulla vetrina con le pastarelle, il vestito chiaro che vi si riflette. Un'apparizione, direte, classica apparizione del cantante alla groupie di turno. Sì, lo era, al suo passaggio, il cuore mi fece tonf come quando si incontra un vecchio amore, uno di quelli persi di vista da anni... Tonf, fece così. Ovviamente non lo avvicinai, mi tenni il tonf e mi diressi verso la mia redazione, solo alcuni uccellini cinguettanti che volavano intorno al mio casco, solo questo.
Pino Daniele torna nella mia vita in modo carsico, come stesse lì, sotteso alle mie vicende con quella voce da muezzin, in sordina o in primo piano a seconda dei momenti. Spesso accade d'estate, dentro una giornata di sole che si collega con chissà quale del mio passato o del mio passato solo immaginato, quello più denso di malinconia. In mezzo, tra me e quello che mi aspetta, ci sono le sue canzoni. 


(Nero a metà)

venerdì 12 luglio 2019

Sul rispondere ai messaggi


E se mi guardi davvero e poi mi vedi?
Io voglio che stravedi non che vedi!
(Patrizia Cavalli in "Datura")

No. Non voglio che stravedi per me ma almeno, autore affermato dall'aria scarmigliata attento a tutti, al migrante e al passante, e a tutto, capace di spenderti in editoriali lunghi e meditati, di mettere su parole su altre parole, almeno un "grazie" o un emotycon dopo un mio sms di cordiale vicinanza per l'uscita del tuo libro - maledetto uozzapp con il piccolo flag di avvenuta lettura - potevi digitarmelo.


(scrivania)



    

giovedì 11 luglio 2019

La scoperta di Mauro Zambuto


Volevo sognare il postino
con una lettera in mano
invece ho sognato il postino
senza una mano
(Vivian Lamarque)


Una poesia come uno slapstick, quel genere cinematografico comico dei primi del Novecento, geniale e immediata come una torta in faccia. Uno che vuole sognare per forza qualcuno, la mano che non c'è, il postino, uno scherzo poetico di poche righe che genera un sorriso e uno sbigottimento leggero. 
Che fosse stato Alberto Sordi a prestare la voce a Ollio, lo sappiamo. Ma che Stanlio fosse doppiato da un grande scienziato, il professor Mauro Zambuto, un fisico trasferitosi in America per la sua attività di ricerca, chi mai lo sapeva?
Vi offro questa intervista a questo misconosciuto geniale signore, un incontro prezioso che solo la rete, esplorata e non subíta, può regalare.  


sabato 29 giugno 2019

Spifferi e poesia


Lunedì 24 aprile
Se si dovessero rispettare le prescrizioni dei fondamentalisti dell'igiene orale, che impongono di lavarsi i denti ogniqualvolta si è masticato qualcosa, si finirebbe per dedicare più tempo alla pulizia dei denti che a mangiare.
(da Diario2000 di Valentino Zeichen)


Vitalismo e paradosso, malinconia e pessimismo abitavano quel bozzolo sulla via Flaminia.
"Lì abita Zeichen." L'ho sempre pensato quando passavo nei pressi della sua baracca. E lo penso ancora quando ci cápito, scesa dal tram, prima di immettermi nel flusso comprarolo dello struscio di via del Corso. Una cosa bella di ieri, giornata faticosa e afosa, dentro e fuori di me, è stato il refolo del secondo volume dei diari di Valentino Zeichen. Un anno di pensieri, di appuntamenti con amici e nemici nei ristoranti e nelle case precedono l'ultima sezione, dove viene ripubblicata l'illuminante raccolta su Roma "Ogni cosa a ogni cosa ha detto addio". In mezzo a pacchi e cartacce che imballavano nuove uscite, lo spiffero di Zeichen sulla mia scrivania.

(Ponentino Zeichen)









venerdì 28 giugno 2019

A Castelporziano


Come la spia rossa che
si accende sul cruscotto
e segnala al conducente,
che la benzina è alla fine,
così, anche il sentimento
che nutrivo per te
è ormai in riserva.
(Valentino Zeichen da Metafisica tascabile )



il 28, 29 e 30 giugno di quaranta anni fa si svolse il festival di Castelporziano, la Woodstock della poesia. 
Erano tutti andati sulla spiaggia di Ostia, il mare vicino Roma, non so se capivano bene a fare cosa, ma erano tutti lì: i poeti e un sacco di gente intorno, e il sole che tramontava. Castelporziano mi è rimasto qua, come si dice a Roma, quel mischione letterario e anarchico, quelle tre sere a cui non ho mai partecipato e che ho recuperato come ho potuto: immaginandolo. Alla mia soggettiva, quindi errata, ma bellissima proiezione mentale di quelle tre notti di poesia e bellicosità, di parole e pernacchie, di versi e parolacce, ho via via aggiunto dettagli reali pescandoli dalle teche rai, libri o vecchie testimoninze (il bellissimo film di Garrone, il video del 1994 caricato su You Tube da Simone Carella nel 1994 (clicca QUI) e anche questo spezzone trasmesso in FUORI ORARIO in una di quelle sue notti insonni e dolenti). E leggendone i resoconti, scoprendo spesso tardivamente quei poeti, avvicinando a me quelli che sento vicini e allontanando, per ora, gli altri (Per ora, lo ripeto. La letteratura è bella perché si può cambiare idea, avvicinarsi e allontanarsi. Ed è sempre meglio.) cerco soprattutto quella Roma lì che mi riappare, sempre più rarefatta, negli scampoli di questa dove sto. Sarà l'estate, l'afa e la malinconia di pomeriggi senza un refolo d'aria, ma mi capita spesso di tornare laggiù. La spiaggia affollata piena di persone incazzate perché arrivate con l'idea di un concerto gratis di Patty Smith che si sono ritrovate Zeichen e la Rosselli e molti altri che declamavano versi, i pantaloni rossi di Victor Cavallo, la blusa cinese della Maraini. E il coro di "ah stroooonzi" che invadeva la pedana di legno e l'aria salmastra di tutta quella gente che aspettava il concerto o almeno un mestolo di quel minestrone, pasto che sarebbe, forse, servito per placarla un po'.

(Gli "irati flutti")