giovedì 15 settembre 2016

Caro Pennac

Ho del riso
dei libri
e persino del tabacco
(Santoka 1882-1940)


Gentile Daniel Pennac,

mentre veniva intervistato a Fahrenheit, il programma che curo in onda su Radio3, la ascoltavo e la osservavo. Sembrava così a suo agio, con la sua aria lieve e divertita e acuti occhi da gatto dietro lenti simpatiche. Sembrava uno dei suoi personaggi, sembravamo tutti a Belleville. Il pubblico, i lettori, adorano questa gioia di vivere piccola che lei riesce a trasmettere anche solo ascoltando il suo interlocutore, mostrando interesse per quello che dice.
Le scrivo così in due righe - troppe persone, troppo caos ai festival letterari e la diretta mi pone obblighi di devozione totale ai tempi della scaletta - quel poco che non sono riuscita a chiederle a voce.
Potrebbe aggiornare il suo decalogo, quello per diventare un buon lettore? Almeno i primi tre punti, potrebbe ripensarli?
Nel saggio "Come un romanzo", ormai una ventina di anni fa, quindi in un'altra era geologica, indirizzava il suo lettore ad amare i libri, sintetizzo, assolvendolo da sforzi inutili (clicca QUI).
Ma non mi sembra più il tempo, gentile Pennac.
La lezione l'abbiamo capita in fretta, siamo diventati tutti capaci, troppo capaci, di autoassoluzioni (anche in altri campi, francamente).
Il suo decalogo, prima di tutto, prevedeva un lettore. Ora dove sta quel tipo di lettore? Si rivolgeva a un lettore potenziale ma possibile, e non un lettore realmente impossibile come quelli che vedo in giro. Nella società che lei conosce e abita, come tutti noi, quella dell'autoassoluzione spinta, dove si surfa sulla letteratura, dove nelle scuola italiane fanno leggere i "Malavoglia" e ancora non hanno capito che quasi nessuno da Verga poi è passato a un altro libro (forse questo destino era scritto già nel titolo?), quella dove la letteratura si fa su e con FB, dove sui comodini non vedo libri ma smartphone, la narrazione è saccheggiata dai giornalisti, lo storytelling nessuno sa bene cosa sia e molti insegnanti - va bene, guadagnano poco eccetera - ma, inesorabili, tirano sempre fuori "Il piccolo Principe" come loro libro di formazione, ecco, temo di capire, che in mezzo a tutto questo, il suo antico interlocutore, che alla fine leggeva, non c'è più. Si è estinto.
E continua a perpetrarsi, ovviamente non per sua responsabilità gentile Pennac, il fraintendimento che, se Kafka mi annoia, per esempio, il problema è di Kafka che è troppo grigio, non mio. E, a proposito del pallosissimo processo di Kafka, vincono l'evasione e l'autoassoluzione. Se Sebald è sedativo, avrebbe dovuto lui essere più...seduttivo (e poi tutte quelle sue fotine sbiadite!) e non devo essere certo io a capire il suo universo. Io, io, io. Che le foto le faccio pure meglio!
Se Roth, Munro, Ernaux dicono sempre la stessa cosa, non è certo colpa mia che non li leggo, ma loro che si ripetono. E poi: se un libro è lungo non lo guardo proprio, se parla di morte, perché intristirmi che al telegiornale dicono sempre queste cose e sono pure aggiornati e a me poi non me ne frega molto. Perché farsi le domande dei grandi se io, io, so già tutto?

Insomma, gentile Pennac, trovo che si sia spostata, e di peso, la questione. Un po' troppo. L'assolversi, essere sempre così indulgenti con se stessi, non capire che sono "io" il problema e non Dostoevskij, avrebbe bisogno di un aggiornamento dei suoi.

Con un po' di sano senso di colpa credo che, oggi, saremmo lettori migliori.

Susanna

(Mantova come Belleville)


mercoledì 14 settembre 2016

Bullismo globale

Esco nella discarica.
Freddo della spiaggia
in bassa marea
(Kawahigashi Hekigodō 1873-1937)

Pare che Hekigodō, poeta innovativo e allievo del grande Shiki, non si sentisse capito dai lettori al punto di smettere di scrivere, ritirandosi dal ruolo di poeta pochi anni prima di morire. Smise di scrivere.

La tragedia della ragazza che si impicca dalla vergogna ha fatto il giro della rete, quella stessa rete che ne ha decretato la fine. 
Quanti ragazzini, uomini e donne, sono stati, o lo sono tuttora, oggetto di un bullismo di tipo globale. Cosa ti piace, chi ti piace, quanto ti piace, come ti piace. Mi piace. Ci piace. Like, like, like.   
Pervasivo e divertito, il bullismo globale si insinua impercettibile. Basta un click.   
E solo dopo, quando leggiamo, ad esempio, del foulard che ha usato per impiccarsi, quando conosciamo la sua storia e il suo nome che voleva cambiare con un altro per farsi dimenticare, sentiamo tutto il rumore. 
C'è bassa marea, adesso. Emergono resti, nella discarica dove siamo immersi.

(sola)



martedì 13 settembre 2016

Hillary

Sulla bilancia
pesa le medicine
- quanta frescura!
(Momoko Kuroda 1938)

Momoko Kuroda, poetessa a noi contemporanea, si sofferma su quel refolo di vento che, se la porta non verrà richiusa, disperderà in un soffio le polveri medicamentose sul piattino della bilancia.

Tornando a noi, si tratta di un vero e proprio uragano quello che si sta abbattendo sullo stato di salute di Hilary Clinton.
E se la malattia, come purtroppo capisco, incide sulle sorti delle presidenziali, allora vorrei visionare la TAC del cervello di Trump. 
Mi piacerebbe rassicurarmi, grazie. 
Cosa mai protegge la sua dura mater, la calotta cranica che lui ha ricoperto con il ciuffo cotonato, come sia conformata e cosa mai si aggiri in quei gangli cerebrali che immagino dritti, senza curve, come una strada del Texas. E in quelle sue sinapsi dalle connessioni elettriche come sedie.
Cercherei di capire chi è il malato tra i due.


(Lezione di anatomia)

venerdì 9 settembre 2016

Luce mantovana

Sotto la luna
attingo acqua
inondato di luce
(Santōka 1882-1940)

Mantova di sera di sera diventa questo, luce lunare e acqua. Il lago con le ninfeee, i canali, le piazzette poco illuminate. I grilli e i ronzii di insetti lacustri, il gracidio lontano. Spazi e volumi rinascimentali si innestano con gli anni trenta del nostro novecento. Qui, la notte, Mantegna diventa De Chirico. 
Lo spettacolare bagolaro nei pressi di un ponticello che mi fa pensare a chi so io. Dove arriveranno mai le sue radici? 

Del primo pomeriggio radiofonico, mi riporto a casa le scale di una poesia di Patrizia Cavalli. E il guizzo rapinoso dei suoi occhi azzurri sotto il cappello di paglia arancione mentre leggeva. In onda.


(Attingo luce)

giovedì 8 settembre 2016

BOUM!

Cielo d'autunno
quaggiù
San To Ka è felice con te
(Santōka 1882-1940)


Sì, oggi è il grande giorno! Festeggiate con me? E poiché sono prima di tutto radiofonica, ho scelto anche una musichetta come sigla a questa giornata per me così importante. Però non pensate alle corde vibranti del koto, alle atmosfere orientali, ai gocciolii cosmici. Santoka l'ho portato nel mondo, nel mio. Come faccio nel libro. Ho scelto quindi una vecchia canzone scritta alla fine degli anni trenta (gli anni di Santōka, non i miei!), quindi lontanissima da noi nel tempo e nella moda, ma che dice, ancora una volta oggi, quello che sento.

- mettila in sottofondo (cliccando QUI) -

Boum fa il cuore, boum fa il mondo. Tutto palpita, risuona, vive. Amo quel lieve struggimento nella voce di Trenet, micro sorpresa al momento del cambio di tonalità, quello dopo la prima strofa allegra con la filastrocca infantile della campana, del tacchino e degli uccellini. 

Oggi Boum, amici. La poesia è nelle cose di tutti i giorni! Evviva!