martedì 12 giugno 2018

Ondata


La notte lava la mente.
Poco dopo si è qui come sai bene,
file d'anime lungo la cornice,
chi pronto al balzo, chi quasi in catene.

Qualcuno sulla pagina del mare
traccia un segno di vita, figge un punto.
Raramente qualche gabbiano appare.
("La notte lava la mente" di Mario Luzi)



L'ondata dei migranti vincerà comunque, chi pronto al balzo, chi quasi in catene. 
Vince per la forza vitale che porta, gambe muscolose capaci di scavalcare il mare, vita che cerca vita. I bambini piangono ma non hanno paura e vanno avanti, le giovani donne sotto turbanti colorati vanno veloci, i grembi fertili. Giovani uomini, ragazzi belli, fieri, lo sguardo lontano procedono a grandi falcate.  
Sbarcheranno comunque questi atleti della sopravvivenza, questi campioni mondiali di voglia di vivere.
Ad attenderli ci siamo noi flaccidi vecchi pieni di pregiudizi. Ci spalmiamo le creme sulle panze rosicando d'invidia mentre quest'onda splendente di giovinezza ha deciso per tutti.

(In attesa)


lunedì 11 giugno 2018

Nuvole e soldi

La mia dirimpettaia è uscita sul balcone
ha afferrato le piantine una dopo l'altra
facendo forza le ha tirate fuori dal terriccio

le ha capovolte, le ha ficcate nei vasi
ha interrato pistilli e rametti

ha lasciato fuori all'aria le radici
sporche di terra, allucinate
le ha innaffiate premurosamente

dicono che sia depressa
ma forse conosce un segreto
intravede un'altra possibilità
(La mia dirimpettaia di Tiziano Scarpa)


Domenica, sul treno Venezia-Roma, leggendo il libro di poesie di Tiziano Scarpa. 
Durante il viaggio facevo un giochino con me stessa per passare il tempo, eleggevo le mie preferite; quella sui figli non avuti, la malinconia asciutta di quei piccoli lutti che si prolunga nel tempo ha battuto la poesia sulle coppie, è ufficiale. E i versi che trascrivo, allucinazione dentro allucinazione: 

ha interrato pistilli e rametti
ha lasciato fuori all'aria le radici
sporche di terra, allucinate
le ha innaffiate premurosamente 

Poesie come radici messe al contrario, protese nell'aria, il ribrezzo che si mischia alla dolcezza come spesso nei suoi romanzi, penso... E quella con i poeti dai cognomi pazzeschi, e quella sulla Terra, vista dall'alto, mentre noi cerchiamo di aggiustare lo sciacquone...
In questo piccolo libro c'è il distillato dell'opera completa di Tiziano Scarpa fino ad oggi, c'è l'elemento performativo, alcune potrei leggerle facendogli il verso, c'è la fiaba e la realtà, il ribaltamento, l'allucinazione, e lo sberleffo arlecchinesco finale. E sono quasi arrivata a Roma. Quella serie sulle volte in cui non si è morti e quella che si intitola Mi fa venire...  
A proposito, una cosa che non c'entra con questo libro in particolare ma c'entra quando Scarpa scrive di sesso e di erotismo: è autenticamente femminista, senza bisogno di hashtag, di politicamente corretto o faccette di circostanza. 
11.25 Venezia Centrale - 15.04 Roma Termini. Il tempo non è volato via, al contrario l'ho trattenuto ben stretto a me con questo libro. 









giovedì 7 giugno 2018

Congiunto e congiuntivi


Unica anche la tua –
chiede – anche la tua –
sofferenza unicamente
perché.
E non si accontenta
di risposte. Deve assestarsi
come osso,
callo calcareo che asseconda
la lenta ripresa del movimento
nella frattura, un dolore che passa
dentro un dolore diverso, diversa postura,
menomazione più lieve e duratura.
("In pensiero di casa" di Gian Mario Villalta)


Cosa diventa il dolore quando ti ammazzano un fratello? Qualcosa di simile all'ossificazione, una sensazione tangibile, e costante, nonostante si provi a vivere, a lavorare, ad andare avanti, come un dolore che passa/dentro un dolore diverso, diversa postura,/menomazione più lieve e duratura.
"Congiunto" sa di quel gergo grigio, da ufficio, sa di casella da barrare e firma autenticata, sa di "problematiche", di "tempistica", di doppia copia dell'originale. Gergo che non conosce sfumature poetiche tantomeno congiuntivi.
Congiunto, si usa perché non ci si ricorda un nome, perché non si è capaci di dire "fratello". 

(AIUTO!)
















martedì 5 giugno 2018

Zona Cesarini




Il tiro, maledizione, ribattuto
sulla linea nell’ultima convulsa
mischia a portiere
nettamente fuori casa, fuori causa, col dito
mignolo, con la spalla, con l’occipite, con
la radice del naso
dell’avversario accorso, guarda caso,
da metà campo – o forse (chi capiva
più niente con quel buio) dal compagno
che va in cerca di gloria
a scapito evidente degli schemi
non più tardi di ieri ribaditi
nella fantastica pace del ritiro
dal mister quando ancora
tutto, anche vincere, anche
azzeccare questo tiro teso, radente, tra decine
di gambe e lentamente
spalancando la bocca
correre verso il centro, rotolarsi
nell’erba, in lenta muta sfida stendere
le braccia al cielo era possibile…
("Zona Cesarini" di Giovanni Raboni)


In queste ore. Il sindacalista Soumaila Sacko ammazzato a Gioia Tauro, un governo che non ha avuto un gesto ufficiale di solidarietà per la tragedia, la parola pacchia usata a sproposito. 
In queste ore Balotelli si fa promotore di una campagna anti razzismo e con lui dovrebbero prendere posizione tutti i calciatori, qualsiasi colore o cresta in testa abbiano, unici modelli vincenti di una generazione di razzisti munita di scheda elettorale. Le parole della vecchia prof o del nonno partigiano oggi, dove consapevolezza e rispetto sono in zona cesarini, contano poco. 

(pacchia)

lunedì 4 giugno 2018

Pensieri e parole


Se fosse cane, bau
se fosse gatto, miao
se fosse tardi, ciao
(Corrado Guzzanti


In queste ore. 
48 morti nell'ultimo naufragio in Tunisia. 
Un migrante, regolare, Soumaila Sacko, preso a fucilate perché colpevole di aver sottratto alcune lamiere per coprire un tetto, leggo da QUI, giunto in Italia da otto anni, viveva nella tendopoli calabrese. Si preferisce chiamarle "tendopoli", preferiamo questo termine rispetto a "baraccopoli", e se per questo diciamo anche "viveva" e ci avrebbe continuato a vivere l'unica vita che aveva sotto quel tetto da cui forse pioveva e che in estate si sarebbe arroventato, un po' d'ombra, solo un po' d'ombra... faceva anche il sindacalista. Ma non dobbiamo pensare, adesso, 
Se fosse cane, bau
Sempre in queste ore, viene definito "zero" un sindaco che ha cercato di rispondere a spopolamento e immigrazione nel suo paese, Riace, con l'integrazione. Forse la soluzione è utopistica, si scontra con il resto del mondo che si barrica dietro i muri, non so, ma si trattava di una soluzione che prevedeva anche un concetto, "umanità", perché irriderla?
E mi torna in mente quel tentativo, lo "ius soli", il moto di speranza che infondeva, la voglia di vivere e festeggiare, e un sacco di cose... 
Ha ragione Guzzanti, il suo genio sofisticato e poetico, abbiamo bisogno di cose facili tipo il cane che fa bau, basta ragionamenti, i migranti sono una jattura, il gatto fa miao, ci rubano il lavoro.
ciao


(facile da capire)



venerdì 1 giugno 2018

Chiusa dentro


Il bene ha vermi
e macchie screziate. La mano
che aiuta ora puzza. Non è nel sogno
del bene il lato migliore
(Mariangela Gualtieri)


Quando tutto intorno sembra non appartenerci o ci rappresenta malamente, se ci sentiamo tapini e derelitti, e un po' soli, mentre tutti gli altri si sentono duri e puri, nel giusto, si atteggiano a costituzionalisti, economisti, esperti di diritto internazionale e strategie politiche, dove ci si rintana? Chi ha fede va in chiesa ma chi non ha fede dove va? In biblioteca. (Vale pure chiudercisi dentro, le mura sono spesse le urla non arrivano, i cellulari non prendono). Ma che sia un bel bibliotecone. Di quelli seri.
Allora vi offro un bignami della Malatestiana di Cesena, Mariangela Gualtieri è nata a Cesena, assolutamente incompleto, due o tre cose che ho imparato standoci un po' dentro in silenzio. Mi ha fatto stare meglio. Sono come rinata, mi sento corroborata, adesso posso affrontare tutto, anche... vabbè, quasi tutto.

- è la prima biblioteca civica in Italia   
- è rimasta perfettamente conservata. Edificio, arredo e posizione degli incunaboli è la stessa dal XV secolo. Conta 250mila volumi.
- la pergamena è morbida al tatto, sembra fragile ma è resistentissima. 
- raschiandola i copisti potevano correggere eventuali errori.
- osservandola da molto vicino si intravedono ancora i pori, la traccia del bulbo pilifero della pelle animale. Al contrario, girandola, risulta liscia poiché si alternavano, nella rilegatura, le pagine ottenute dalla pelle dalla parte del pelo con quelle sulla carne. 
- il copista era un lavoro molto considerato e ben pagato. Vitto e alloggio a corte garantiti, i migliori arrivavano da Francia e Germania e facevano la loro fortuna.
- alcuni copisti spesso apponevano la loro firma alla fine del testo, impreziosivano le pagine con miniature, piccole foglie d'acanto, cervi e stelle d'oro.
- usavano disegnare la manicula, ovvero una piccola manina con l'indice alzato, tipo puntatore del mouse sulla schermo, dove ci fosse qualcosa d'importante da leggere. Bellissimo, ci si può commuovere.   
- come è anche struggente pensare che ogni singola lettera è stata scritta da un uomo con la sua vita, la sua professionalità e la sua storia. Ogni stilo aveva la sua mano e ogni mano la sua vita. Le biografie dei copisti sembrano piccole parabole: uno di loro guadagnò tanto da potersene tornare in Germania, un altro si fidanzò e si stabilì a Cesena, un altro dichiarò che solo in taverna e con le donne avrebbe speso tutti i soldi accumulati scrivendo e copiando.
- l'aula destinata alla lettura si chiama Aula del Nuti, dal suo architetto Matteo Nuti.
- Un piccolo elefante in pietra orna il portone ligneo dell'aula di lettura. Con la proboscide stringe un cartiglio con su scritto elephas indus culices non timet, l'elefante indiano non teme le zanzare a significare che i Malatesta erano forti come elefanti e certo non si sarebbero spaventati dei nemici, al massimo li avrebbero schiacciati come zanzare. 
- il portone di legno sembra di cioccolato lucido e marrone, fu progettato e intagliato a piccoli quadretti dal più grande ebanista dell'epoca che si chiamava Cristoforo da San Giovanni in Persiceto. Cristoforo non usava firmare le sue opere ma questa volle autografarla. Solo una in tutta la sua vita, questa. Forse intuì l'onore che gli era toccato, quello di aprire lo scrigno del sapere, dalla cultura, delle lettere. Un umile artigiano che attraverso la sua perizia avrebbe avuto accesso allo scibile umano per i secoli a venire.
- Lucrezia Borgia si è seduta in uno di questi scranni. Ha studiato qui dentro. Ho sfiorato il suo nome nel graffito che di suo pugno ha inciso sul davanzale della sedicesima bifora. Mi sono sentita come dentro la stessa storia.
- Non ci sono lumi, lucerne, tanto meno fiaccole. E' sufficiente la luce naturale che filtra dalle finestre e che si rifrange sui banchi, attutita dal verde tenue delle pareti, dai vetri leggermente affumicati.
- E anche la temperatura è quella ottimale per gli uomini e per i preziosi tomi conservati. Né calda né fredda, né umida né secca, senza impianti all'avanguardia o vecchi caminetti
.


(manoscritto) 




mercoledì 30 maggio 2018

Sassi



La luce sempre più dura,
più impura. La luce che vuota
e cieca, s'è fatta paura
e alluminio, qua
dove nel tronfio rigoglio
bottegaio, la città
sputa in faccia il suo Orgoglio
e la sua Dismisura.


Il poeta che volge gli occhi verso l'alto, verso la luce accecante di una realtà bottegaia e tronfia.

Pompei. E' di oggi la notizia dell'eccezionale ritrovamento di uno scheletro umano, un uomo di 35 anni alto circa 1,65 metri, ucciso da una pietra che gli ha fracassato la testa mentre cercava rifugio dalla lava.
la città
sputa in faccia il suo Orgoglio
e la sua Dismisura
Italia. Speriamo che un giorno, scavando, non ci ritrovino così, schiacciati dal sasso tirato contro l'Europa (ma non siamo anche noi Europa?), rimesso in tasca e poi recuperato per scagliarlo di nuovo addosso a qualcuno, a qualcosa. Un Presidente, la Costituzione (ma non si erano battuti in nome della Costituzione?), i diritti civili, le coppie di fatto, lo ius soli...


(il mercato che vogliono)