mercoledì 6 dicembre 2017

Costituzione Art.I


Art. I
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Questo lavoro, figlio della fabbrica, mi piaceva e mi dava soddisfazione tanto che andando a mezzogiorno verso la mensa allungavo il giro per passare al reparto imballaggio, dove le macchine nuove, miracolosamente lucide e complete dopo essere passate per tante mani e catene, aspettavano in fila di essere custodite nelle casse e spedite, con la loro faccia piena di denti, in tutto il mondo. Perché tutti non amavano questo lavoro, e molti addirittura lavoravano e vivevano nella fabbrica dimenticando questo frutto del loro lavoro, dimenticando l'esistenza dell'ultima porta della fabbrica? Se avessi una risposta a questa domanda potrei sapere anche perché alcuni malvagi hanno sempre agito contro di me, ribelli ad ogni legge morale, colpendo me forse per colpire la legge ordinata della fabbrica, dove prosperavano; proprio come le malattie si rivoltano contro il corpo che le ha nutrite.” 
(da Memoriale di Paolo Volponi)



(Ex Stabilimento Fiat Lingotto)


Ho cercato un frammento tratto da un'opera letteraria italiana che dialoghi con ognuno dei primi dodici articoli della nostra Costituzione. È un lavoro pensato - lo ammetto - per me, ma anche per il blog e per Radio3, tanto che nella giornata del 22 dicembre li ascolterete tutti e uno dopo l'altro, letti dalla splendida voce di Tommaso Ragno. Oggi festeggiamo il primo principio fondamentale, quello sul lavoro. Lo conosciamo, è vero, è il più famoso, ma leggerlo può rivelare qualcosa di nuovo. Come con le parole degli autori scelti che si accendono, se calate nella nostra contemporaneità, di nuova empatia. E la mia foto, ovvio.

lunedì 4 dicembre 2017

Amici vecchi


Escono senza pensarci
e raccolgono felci.
Vecchi coniugi
(Kawabata Bōsha 1897-1941)



Quando vi vedo per strada vorrei abbracciarvi. Corrervi incontro, farvi i complimenti, darvi un premio, una medaglia. Bravi! Ce l'avete fatta! Vi tenete sottobraccio, scendete la discesa prudenti, una breve sosta per prendere fiato? No, vi scambiate un bacio da sotto il cappello, da sopra la sciarpa.
Avete superato tutto e tutti, dimenticato tradimenti e siete sopravvissuti ad antiche suocere petulanti e giovani nipoti saputi. I lembi delle vostre diverse inclinazioni che vi portavano uno di qua, una di là, aderiscono al millimetro. Bravi, amici vecchi che non conosco e che invidio. Invidio la vostra felicità semplice, i passi più brevi per aspettare l'altro, la piccola pausa in mezzo alla passeggiata insieme, vorrei fare due passi con voi, posso portare io il sacchetto del supermercato? Amici miei che non conosco e guardo, sapendo tutto di voi, ciao.

(Cuore per strada)

mercoledì 29 novembre 2017

Al di qua e aldilà


Sonnolento, al di fuori
della vita e della morte
si crogiola al sole!
(Murakami Kijo 1865-1938)


"Biotestamento? Mi occupo dei vivi!" dice Salvini con la sua solita aria coerente a se stesso (QUI). Del resto nel mondo che auspica non ci sono sfumature e tutto è ben perimetrato, o sei di là o di qua.
Al di qua, Chi va là!, aldilà. 
Che sia l'altro mondo o oltre un confine, a lui e a quelli che lo votano, non può interessare. Sono solo vaghe sfumature, pippe mentali anche un po' jettatorie! 
E' roba sinistra. E' roba di sinistra.


(al di qua)




martedì 28 novembre 2017

La scimmia di Novembre


Questa morte è un’officina
ci lavoro da anni e anni
conosco i pezzi buoni e quelli deboli,
i giorni propizi, la virtù
di applicarsi minuto per minuto e quella
di sostare, sostare e attendere
una soluzione nuova per il guasto.
Vieni, amico mio, ti faccio vedere,
ti racconto.
*
Tutto cominciò in una cameretta
con i regali e le candeline
che in un soffio spensero mio padre
fermo nella sua giacca per sempre
e un cerchio di puro niente mi assalì
in un solo attimo franò sul tavolo
e mi mostrò cento di questi giorni.
*
E ha cominciato a parlare,
quella figura plenaria,
come il capobranco della nostra fine
soffocava il lievito felice,
affondava con il piede la barca
infantile di due foglie
ci lanciava il suo avvertimento.
*
Non puoi immaginare, amico mio, quante cose
restano nascoste in una fine, non puoi
capire il pietrame triturato
che diventa la tua vita
eppure era bella, lo ricordo, era quella
che il vigore cosmico chiedeva, una giovinezza di frutteti,
l’arte suprema che mia madre augurava.
*
Non so, credimi, se riuscirò. Ascolta,
vienimi vicino, posso dirti che il sangue
zampilla scuro ma non riesco a cancellarmi
c’è un silenzio fatato che in me respira,
un sussurro di quaderni scritti a mano
e la parola precisa, dio mio, quella parola
che alla trincea della fine mostrò un frutto.
*
Vicino alla morte tutto è presente
non c’è infanzia né paradiso
tu cadi in un urlo segreto
e non parli
cerchi un arcano
e trovi solo materia, materia
che non trema e ti guarda impassibile
e avvicina muta i due estremi.
*
Sono in un segreto frastuono
sono in questo cortile d’aria
e ogni parola di lei violaciocca
mi fa pensare a ciò che sono
un povero fiore di fiume
che si è aggrappato alla poesia.
(frammenti da "Incontri e agguati" di Milo De Angelis)


Era solo una settimana fa, era sera tardi, quando, per la prima volta, ho visto il cadavere di un uomo per terra. Un ciclista travolto da un'auto? Sì, ecco laggiù la bici. Il lenzuolo bianco, la macchia rossa e le sirene blu che lampeggiavano. Vi assicuro che non c'era rumore alcuno, come se tutto si fosse insonorizzato di colpo. 
La vita che fa da contorno alla morte procede come sempre, si sa, ma è come se non facesse più rumore. L'ho capito nove anni fa, era ancora novembre, nel casino di una corsia d'ospedale dove eravamo afoni, tutti come senza audio.  
Novembre ha questa scimmia dentro, e la sua cupezza e il suo grigio stridono con le giornate di sole che spesso ci propina. 
Anche ieri che si è spenta un'altra vita - e chissà quante altre con lei - il rumore si è interrotto per un po' per chi è rimasto. Mentre il sole continuava a splendere.

(viaggio)






lunedì 27 novembre 2017

Alessandro Leogrande


Non può esistere crescita
senza il comunicarsi fiducioso
senza conoscersi profondamente –
senza sapere che l’amore cresce
quando ognuno vi cresce.
Sano è morire maturi – sincero
superare il timore di vedere,
fondendosi diversi.
La libertà è certo necessaria
ma non basta a creare un mondo nuovo.
("Se gli occhi fioriscono" di Danilo Dolci)



In memoria di Alessandro Leogrande, del suo impegno e della sua mitezza.
Sano è morire maturi – sincero superare il timore di vedere, fondendosi diversi.



Bibliografia:
Un mare nascosto, Napoli, L'ancora del Mediterraneo, 2000
Le male vite: storie di contrabbando e di multinazionali, Napoli, L'ancora del Mediterraneo, 2003 (poi, Roma, Fandango Libri, 2010)
Nel paese dei viceré: l'Italia tra pace e guerra, Napoli, L'ancora del Mediterraneo, 2006
Uomini e caporali: viaggio tra i nuovi schiavi nelle campagne del Sud, Milano, Mondadori, 2008; Premio Napoli (poi, Milano, Feltrinelli, 2016)
Il naufragio: morte nel Mediterraneo, Milano, Feltrinelli, 2011 
La frontiera, Milano, Feltrinelli, 2015

venerdì 24 novembre 2017

Giorni d'inverno


Quando la luce si placa, in certi giorni d'inverno,
e non è più il riflesso di un incendio,
l'usura di un dolore 
che non provi; lì sfavilla
e quasi certamente sorride. Luce inerme
che brilla e si concede. Cielo fermo.
(da "Pietra sangue" di Fabio Pusterla)

Ci sono sindaci che non danno il permesso di istallare un paio di bagni chimici nei pressi di un accampamento di fortuna dove alcuni migranti stazionano da mesi.
l'usura di un dolore 
che non provi
Ci sono sindaci che, sempre in nome della sicurezza, distribuiscono gratis spray al peperoncino alle donne del comune che amministrano per potenziali aggressioni che finora non si sono mai registrate. 
l'usura di un dolore 
che non provi
Ci sono sindaci che dicono "No" a organizzare un dormitorio che ripari dal freddo i migranti all'addiaccio (QUI).
l'usura di un dolore 
che non provi
Migranti che poi sono ragazzi, donne e bambini che, oltre a quello che hanno subito per arrivare fino qui, sopportano anche il nostro stupro collettivo. 


(Festa di benvenuto)









giovedì 23 novembre 2017

Lasciare la festa


Era chiaro quando me ne andai dalla festa
che anche a ottant'anni compiuti avevo ancora
un bel corpo. La luna splendeva come suole
in attimi di profonda introspezione. Il vento tratteneva il respiro.
E guarda, avevano lasciato uno specchio appoggiato a un albero.
Assicuratomi d'esser solo, mi tolsi la camicia.
I fiori di yucca annuivano con le testoline bagnate di luna.

Mi sfilai i calzoni e le gazze fecero corona alle sequoie.
Giù nella valle il fiume scrosciante fluiva ancora una volta.
Che strano trovarmi in una selva solo con il mio corpo.
So cosa pensate. Ero come voi una volta. Ma adesso
con tante cose alle spalle, tanti alberi smeraldo, e
campi sbiancati da malerbe, monti e laghi, come non potrei
esser solo me stesso, sogno di carne, d'attimo in attimo?
("Vecchio lascia la festa" di Mark Strand



Ora di cena, tv accesa sul solito talent di opinioni dove vengono ospitati, e microfonati, i soliti giornalisti. 
Nella trasmissione di ieri sera Beppe Severgnini è d'accordo con quanto, in un'altra trasmissione, ha dichiarato Eugenio Scalfari su Berlusconi ovvero che lo preferisce a Di Maio. Severgnini aggiunge, vado a memoria, che preferisce una strada battuta a una "imprevedibile". 
Vorrei soffermarmi su quest'ultima affermazione, non tanto per il risvolto politico più stretto - che non mi interessa analizzare qui - ma per quello che mette in luce. 
Preferire il prevedibile.
Mi sembra l'inno di una casta privilegiata dimentica di tutto (corruzioni, evasioni fiscali, scandali eccetera), che comunica fra simili e che pensa di poter dire qualsiasi cosa in un Paese dove oggi, per esempio, si torna a parlare di politici anni ottanta (e di ottanta anni), lo stesso Paese in cui il termine "rottamare" fu il più grande boomerang mai lanciato in politica.   
Sugli altri canali sfilano i talent dell'altro tipo, quelli col cantante o col cuoco che si esibiscono e poi si commuovono e ringraziano chi li ha fatti arrivare fin lì, di qua con un microfono, di là con una pentola in mano. 
E tutti, come prevedibile, applaudono.


(poche chiacchiere)