giovedì 17 novembre 2016

Zero K

Ho del riso
dei libri
e persino del tabacco
(Santōka 1882-1940)

Mentre Bob Dylan rifiuta di ritirare il Nobel da poco assegnatogli (clicca QUI), io sono ancora dentro il romanzo di uno degli autori che avrei tanto voluto venisse premiato in Svezia.
"Zero K" sta sulla mia scrivania e desidero che ci stia ancora, a portata di mano, di sguardo; sullo scaffale vicino agli altri lo sistemerò tra poco, ho tutto il tempo.
O credo di averne. 
E com'è fatto il tempo che sto vivendo? Di quanti frame, tasselli, immagini si compone, e quante esperienze nutrono le mie sinapsi e ancora per quanto, loro, lavoreranno?
E "quel" momento, quell'addio da tutto, come avverrà? In quale gelo sarò calata e come misurarlo con quali parametri, cosa sentirò e cosa ricorderò ancora di me, di quello che sono o credo di essere, cosa sarà di questa mia rappresentazione di adesso, di ora, ora che sto scrivendo? Mi sfilerà davanti agli occhi chiusi - o saranno aperti? - come un'istallazione, come un video a loop, come? 
E tutte le belle cose che mi compongono, e quelle brutte, i miei ricordi e le mie esperienze, quello che sono, dove andrà, che viaggio faranno?
DeLillo è un gigante vecchio di ottanta anni che pensa per me, Susanna, che sono qui, ora, sul divano con l'ipad davanti che si segnala con le pubblicità che non voglio aprire neanche per sbaglio, gli avvisi delle mail che sto ricevendo, la colazione con il kiwi che amo mangiare appena sveglia e la faccia che adesso è un po' gonfia di sonno ma poi passa. Sono io. Questa.
È DeLillo che ci sta pensando, ed è la mia unica consolazione nel gelo che mi continua ad arrivare dal suo libro che tengo vicino ancora per un po'.


(Zero "io")

  

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