giovedì 28 luglio 2016

Verde Roma

Guardo il magazzino.
Tra i susini di cui cerco il profumo
l'orlo della grondaia
(Bashō 1644-1694)


Mai come d'estate il verde di Roma mi brilla intorno, refrigerio a sorpresa nelle giornate plumbee di afa. 
Ma Roma è verde. Non è solo travertino, marmo o, peggio, cemento. Ci sono le ville nobiliari dalle fronde blasonate (Borghese, Pamphili, Torlonia...) e il verde proletario, quello nato a casaccio e che resiste a tutto, unico provvidenziale frutto dell'incuria comunale atavica. Verde proletario, pubblico, pop.
È il verde che non ti aspetti. 
Una buganvillea che penzola spettinata in un angolo di nessuno, un ramo, vigoroso, rinato nonostante la capitozzatura, quelle nuvole di fiorellini azzurri, impalpabili e senza profumo, in un parchetto giochi troppo caldo per essere frequentato, le sfere rosa degli oleandri risultato di un'ars topiaria totalmente anarchica ma elegantissima. 
Le acacie che fremono, i pruni e gli alberi di Giuda un po' appassiti. Rincosperma e gerani da terrazzino, papiri senza il Nilo, fichi che si arrampicano su muri coi graffiti, ciuffaglia anonima sull'orlo della grondaia asciutta. 
E poi i papaveri, i più amati, led rossi di un'estate cittadina, che mi avvisano che la bellezza è ovunque. 


(orto botanico condominiale)
  

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